Al giorno d'oggi lo sviluppo della tecnica ha raggiunto livelli di evoluzione altissimi, che trent’anni fa non si sarebbero mai immaginati: internet, televisione digitale, telefonia mobile, ecc…
Tutto questo ha influito sulla società e soprattutto sui ragazzi, le nuove generazioni, che come conferma Günther Anders vengono “formati e deformati” dalle tecniche che la società ci offre.
Vengono formati in quanto crescono con l’idea di un mondo più evoluto, di facile e pronto utilizzo (questo grazie soprattutto al PC e alla rete che ci permettono di raggiungere qualsiasi parte del mondo con un clic).
Vengono invece deformati poiché tutta questa comodità più che compromettere, inibisce e assopisce tutta, o quasi, quella gamma di sistemi e processi che io metterei in stretta relazione con la sopravvivenza in questa società sempre più simile ad una giungla telematica dove regna suprema la tecnica.
In questo modo i ragazzi risultano più fragili e insicuri di un tempo, assopiti nella protezione offerta da mamma tecnica che, a loro insaputa, li rende schiavi.
Per quanto riguarda le affermazioni di Vittorino Andreoli le trovo molto provocatorie, in quanto egli prende in considerazione un momento della vita umana notoriamente caratterizzato da fragilità e insicurezza, facendone una spiacevole conseguenza della società odierna.
Risulta vero inoltre che con gli anni e l’avvento dei media si è registrato un aumento del desiderio di apparire e diventare famosi, ma questo secondo me non è solo un'attribuzione da fare agli adolescenti, ma a tutti gli individui siano adulti, anziani o bambini che, in questo modo, cercano di valorizzare la propria individualità oppressa sempre più dall’omologazione a modelli stereotipati impostaci.
Trovo ardito pure parlare di “espressioni infantili” e “gemiti da neonato” poiché questo significherebbe la constatazione che ancora oggi, nel 2006, vi è un’agenzia di socializzazione importante, la scuola, retrograda e primitiva, cosa non vera a mio parere, come a parere della professoressa Silvana Belli: ella infatti afferma che se si cerca di portare il metodo educativo più all’avanguardia di così si rischiano insuccessi, per il solo fatto che gli alunni tendono ad approfittarsi della facilità.
Per quanto riguarda invece la cultura giovanile che comprende lettura e musica penso che essa rientri nell’espressione di quella individualità succitata, supportata solamente (come afferma Michela Nacci ) e non condizionata dalle odierne tecnologie come l’iPod.
Davide Bruzzolo
5B scienze sociali
Liceo delle scienze sociali dell'Istituto Magistrale "Duca degli Abruzzi" di Treviso
Leggendo questo post di Davide, mi è venuto in mente quello che diceva Pier Paolo Pasolini, il famoso intellettuale, regista e poeta ucciso in modo atroce il 2 novembre del 1975:
"Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i nuovi modelli imposti dal capitalismo, rischiando così una forma di disumanità, una forma atroce di afasia, una brutale assenza di capacità critiche, una faziosa passività, ricordo che queste erano appunto le forme tipiche delle SS: e vedo così stendersi sulle nostre città l'ombra orrenda della croce uncinata. Una visione apocalittica, certamente, la mia. Ma se accanto ad essa e all'angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare".
Pier Paolo Pasolini, "Il genocidio", 1974, in Scritti corsari, Garzanti, Milano 2001 [1975], p. 231.
Cosa ne pensate?