15 novembre 2008

Acidi

C'è chi usa gli acidi per sballare nel week-end.
E chi usa un altro tipo di acidi per impedire alle giovani donne di istruirsi.
Shamsia aveva 17 anni e stava andando a scuola, un liceo di Kandahar, in Afghanistan, assieme a sua sorella.
Due uomini in motocicletta hanno strappato le sciarpe che entrambe le ragazze portavano davanti al viso (le donne in Afghanistan non possono girare a volto scoperto) e hanno gettato loro in faccia dell'acido. Acido solforico: per chi non lo sapesse, tale acido sottrae acqua ai tessuti provocando gravissime ustioni ai tessuti; l'inalazione dei vapori, poi, corrode e danneggia irreparabilmente le vie respiratorie.
In poche parole, Shamsia e sua sorella Atefa sono state sfigurate. Per fortuna a loro non importa molto dell'aspetto fisico come dalle nostre parti. Shamsia non ha sentimenti di vendetta, pur non essendo cristiana. Ha solo detto: "Continuerò a studiare e ad andare a scuola anche se mi dovessero uccidere. Voglio continuare a studiare per la ricostruzione del mio Paese". Chapeau: meglio di qualsiasi sermone di psicopedagogia.
L'Afghanistan è quel luogo, covo di talebani amici di Bin Laden, in cui avremmo dovuto esportare un po' di democrazia. Invece è diventato il luogo della guerra infinita e dell'ingiustizia infinita. Non solo le ragazze che vanno a scuola, anche i professori che vi insegnano fanno una brutta fine. Non li sfigurano: semplicemente li uccidono e le scuole vengono distrutte.
Quella, ad esempio, di uomini che non vogliono che le donne studino, capiscano, si emancipino. In poche parole, che le loro coscienze sfuggano al dominio integrale maschile. Il sociologo francese Pierre Bourdieu ha detto che la dominazione maschile permea con una violenza simbolica tutta la nostra società. In quel saggio, Bourdieu metteva a confronto, basandosi sui suoi studi di etnologia berbera, la nostra società con quella cabila, vedendo in quest'ultima una sorta di struttura inconscia del nostro immaginario simbolico, basato su una subordinazione che la donna ha perfettamente interiorizzato (anche grazie all'istituzione scolastica). La donna è subordinata all'uomo anche quando rivendica la propria indipendenza; anzi, proprio in questa rivendicazione essa conferma inconsapevolmente la propria subalternità alla dominazione maschile.
Shamsia non rivendica niente, se non il diritto di frequentare la scuola, di studiare e di lavorare per il bene del suo Paese. Nessun pensiero della "differenza", nessuna rivolta di genere. Forse, senza volerlo, mette in crisi le categorie di Bourdieu e di tutta la nostra presunta sapienza socioantropologica.