20 settembre 2012

Dalla Repubblica di Platone alla Regione Lazio, ovvero Pink Floyd, Pigs (Three Different Ones)

Qualcuno dice che lo scandalo della Regione Lazio, con il suo consueto e inguardabile corredo di ruberie, Bmw e resort pagati con soldi pubblici, festini in costume, ostriche e bigné, ville pagate in contanti, malversazioni, arricchimenti personali e spreco del denaro dei cittadini (già battezzato "sprecopoli" dai media), ha qualcosa di assurdo, di boccaccesco, di "volgare" in senso suino.
I reportage giornalistici riferiscono non solo della tendenza al lusso, ma di una volontà di dissipazione, spreco, provocazione al limite del pornografico e, in generale, di una propensione a uno stile di vita eccessivo  (Massimo Giannini la definisce "il penoso Satyricon di una "pseudo" classe dirigente cafona, disonesta e irresponsabile") che fa a pugni con i sacrifici dei cittadini che non arrivano alla fine del mese, che non riescono a pagare mutui, affitti e bollette varie, le decine di migliaia di lavoratori che hanno perso il posto negli ultimi mesi, degli imprenditori che si suicidano perché inseguiti dalle cartelle esattoriali o perché non riescono a pagare i propri dipendenti e, soprattutto, dei giovani che non cercano nemmeno più un lavoro o, se ce l'hanno, vivono vite precarie in condizioni di lavoro inaccettabili.
Festa PdL al Foro Italico con maschera da maiale
Naturalmente tutto questo riaccende - ammesso che si siano mai spenti - indignazione, rabbia, sentimenti anticasta, antipolitica e disprezzo per le istituzioni, disgusto e rigetto del sistema dei partiti, riproponendo una logora opposizione "noi-loro", "noi" cittadini buoni e bravi da una parte e "loro" politici ladri, mafiosi e corrotti dall'altra, quasi separati da un cordone sanitario messo non si sa da chi. A questo proposito Michele Serra ha acutamente osservato che dovremmo prendercela piuttosto con il Fiorito ("Er Batman", ovvero l'ex capogruppo del PdL della Regione Lazio che ha fatto scoppiare lo scandalo, ma si potrebbero citare Renzo Bossi, Lusi, Belsito, Penati...) che c'è dentro tutti noi: Fiorito come espressione di disincanto, della politica come "we're only in it for the money" (copyright Frank Zappa), condivisa da molti cittadini che - non a caso - hanno fatto sì che alla Regione Lazio ci andasse questo figuro (con il concorso del suo presidente, Renata Polverini) e non qualche uomo di cultura, studioso, ricercatore, intellettuale o tecnico con competenze specifiche nell'amministrazione degli enti pubblici.
Leggendo tutte queste vicende a me sono venute in mente due cose:
- la Repubblica di Platone (libri I-X, ultimata intorno al 360 a.C.);
- Pigs (Three Different Ones) dei Pink Floyd (in Animals, Harvest/EMI Records, uscito nel 1977).
Che c'entrano queste due opere diversissime e lontanissime per forma, significato, finalità, distanza temporale? Vediamo.
Raffaello, La Scuola di Atene: Platone
Scrive Platone nel IV libro della Repubblica (434 a-c):
Socrate: ...Si potrebbe riconoscere come giustizia il possesso di ciò che è proprio e l'esplicazione del proprio compito.
Glaucone: È così.
Socrate: Vedi ora se la pensi come me. Se un falegname intraprende il mestiere del calzolaio o un calzolaio quello del falegname o se si scambiano gli strumenti o gli uffici [=i compiti, le competenze], o anche se la stessa persona intraprende entrambi i mestieri, tutto questo scambio di mestieri potrà portare, secondo te, un grave danno allo Stato?
Glaucone: No, affatto.
Socrate: Quando però, credo, uno per natura è artigiano o un altro che per natura è uomo d'affari e che poi si eleva per ricchezza o per numero di seguaci o per vigore o per qualche altro simile motivo, tenta di assumere l'aspetto del guerriero; o un guerriero quello di consigliere e guardiano, anche se non ne ha i requisiti; e costoro si scambiano gli strumenti e gli uffici; o quando la stessa persona intraprende tutte queste cose insieme, allora, io credo, anche tu penserai che questo loro scambiarsi di posto e questo attendere a troppe cose [=questo volersi occupare di troppe cose contemporaneamente] sia una rovina per lo Stato.
Glaucone: Assolutamente.
Socrate: Allora, l'attendere a troppe cose e lo scambiarsi di posto delle tre classi sociali [=lavoratori manuali, custodi e governanti] sono un danno assai grave per lo Stato e si potrebbero con piena ragione denominare un enorme misfatto.
Glaucone: Precisamente.
Socrate: E non ammetterai che il maggiore misfatto verso il proprio Stato è l'ingiustizia?
Glaucone: Come no?
Cosa ci sta dicendo Socrate/Platone? Che la giustizia consiste nel fare bene ciò che ci è proprio, nel raggiungere l'eccellenza (areté, virtus) nel proprio campo. C'è l'areté del falegname e del calzolaio (che consiste nel costruire buoni manufatti in legno o in pelle), c'è quella del custode della città (che consiste nel difendere con dignità, lealtà e coraggio i propri concittadini) e c'è la virtù del governante, che consiste nel fare buone leggi, nel governare in modo disinteressato lo Stato, con saggezza, razionalità, giustizia, pensando al bene comune. Chi è abile nel lavoro manuale, chi è bravo nel commercio o negli affari non per questo motivo - non in quanto bravo artigiano o perché abile uomo d'affari - sarà poi anche bravo uomo di Stato. In altri termini, per Platone a ogni ambito è propria una competenza specifica ("ciò che è proprio"): non c'è niente di male che un uomo d'affari diventi uomo di Stato, ma è un male che voglia fare l'una e l'altra cosa, ad esempio perché, essendo considerato eccellente in quanto uomo d'affari si pensa (o lui stesso fa pensare, grazie alle sue doti di persuasione, al suo successo, alla sua ricchezza) che sarà tale anche come uomo di Stato. Ma l'uomo d'affari ha in mente il suo interesse (quello della sua attività imprenditoriale, commerciale, ecc.) e non quello dello Stato nel suo complesso. Quindi - osserva Socrate/Platone - entrerà in una sorta di "conflitto di interessi", perché o farà il bene di tutti (magari danneggiando il proprio) o farà il bene proprio (e quindi danneggiando quello di tutti). Non si possono adempiere bene più ruoli, compiti, uffici contemporaneamente: ma è proprio quello che fanno i vari "Batman" e unti vari dal Signore che viaggiano a frequenze televisive, Bmw, ostriche, ville con fanciulle e resort. Non sono certo lì per fare il bene comune, ma solo il proprio: il misfatto più grave che si possa perpetrare, secondo Platone, a danno di quella vita comune (koinòs bìos) che chiamiamo "Stato".
Pink Floyd, Animals, 1977
Ecco cosa ci insegna la filosofia, a che cosa serve: a ragionare non astrattamente, ma con giustizia, vedendo le conseguenze di quello che facciamo e di quello che pensiamo (o non pensiamo). Siamo responsabili sia di quello che facciamo - delle nostre opere - sia di quello che non facciamo - delle nostre omissioni, della nostra ignoranza, della nostra apatia o indifferenza.
E che c'entrano allora i Pink Floyd con Platone e gli scandali della Regione Lazio? Vediamo.
In Animals, album che precede il celeberrimo The Wall del 1979, c'è un brano intitolato Pigs (Three Different Ones). Non si può non pensare a questo brano vedendo i festini del vicecapogruppo della Regione Lazio con la maggior parte degli uomini con maschere da porci. L'idea, sembra, era una parodia della famosa trasformazione dei compagni di Ulisse in maiali ad opera della maga Circe nell'Odissea, in una maldestra parodia burina del Satyricon di Petronio (che a sua volta era, in parte, una parodia erotica dell'Odissea). Ancora: non si può non pensare alla Repubblica di Platone e a questo brano e in generale all'album Animals quando si deve assistere per l'ennesima volta allo scempio che viene fatto dell'idea di politica, delle istituzioni, del linguaggio e della cultura in generale.
I maiali attraggono l'immaginazione di poeti e scrittori, songwriters e filosofi in quanto metafora della tendenza umana alla più crassa stolidità (benché i maiali non siano affatto stolidi), al piacere per ciò che è torbido, sporco, fangoso (benché i maiali non siano affatto amanti della sporcizia), della tendenza a pascersi di qualunque cibo, della sconcezza, della mancanza di dignità e di amor proprio. Da Omero ai Pink Floyd, da Petronio a Fellini (Satyricon) e Pasolini (Porcile) il maiale è divenuto l'emblema del grado zero dell'umano, della sua irrefrenabile propensione a godere dell'immondo e dell'impudico, di tutto ciò che abbassa anziché elevare l'uomo a qualcosa di più alto, in grado di trascendere la piatta aderenza a ciò che ci è dato, alla nostra corporeità, fisicità e materialità ineludibile. Anche nel rock il maiale diventa il precipitato di un'umanità che ha smarrito persino l'idea di se stessa: oltre alle bordate antisistema di Pigs dei Pink Floyd, si possono citare le visioni di Piggy in the mirror dei Cure, l'antimilitarismo di War Pigs dei Black Sabbath e molti altri brani, in cui il rock ha tematizzato quell'altro osceno in cui l'umano rischia fangosamente di sprofondare, richiamo di quella natura che l'uomo nega in se stesso e fuori di sé.
In queste condizioni di bassezza, l'uomo-maiale deve scavare sempre di più, andare sempre più a fondo per cancellare definitivamente ogni residua traccia di quell'umanità che non è in grado di sostenere, custodire, difendere.

What do you hope to find, when you're down in the pig mine?
You're nearly a laugh, you're nearly a laugh,
but you're really a cry.