27 gennaio 2013

Giornata della Memoria 2013


Auschwitz aveva un unico obiettivo: l’annientamento. Fabbricava morte in scala industriale. Con tecniche burocratiche. Grazie a una pianificazione scientifica dello sterminio. Una sorta di fordismo della distruzione umana. Auschwitz ha reso la morte qualcosa di fabbricabile a ciclo continuo.

Perciò dopo Auschwitz – ha scritto Theodor W. Adorno - «temere la morte significa temere qualcosa di peggio della morte». 
 
LETTERA ALLA MADRE
frammento

[…] Fili elettrici, alti e doppi,
non ti lasceranno mai più rivedere tua figlia, Mamma.
Non credere alle mie lettere censurate,
ben diversa è la verità; ma non piangere, Mamma.

E se vuoi seguire le tracce di tua figlia
non chiedere a nessuno, non bussare a nessuna porta:
cerca le ceneri nei campi di Auschwitz,
le troverai lì. Ma non piangere — qui c’è già troppa amarezza.

E se vuoi scoprire le tracce di tua figlia
cerca le ceneri nei campi di Birkenau:
saranno lì — Cerca, cerca le ceneri
nei campi di Auschwitz, nei boschi di Birkenau.

Cerca le ceneri, Mamma — io sarò lì!

Monika Dombke, Birkenau, 1943







DA AUSCHWITZ

Che porte enormi e pesanti!
Un odore strano, tenace
Fievole ma persistente… Un disinfettante potente.
‘Restate attorno al punto della doccia.’
Aspetta l’acqua. Non pensare alla folla.
Non notano la tua umiliazione.
Non distinguono la tua testa rasata da tutto il resto!

Mio Dio!… Stanno chiudendo quelle maledette enormi porte!
Perché?… Non può essere!
No, fra un minuto arriverà l’acqua.
Non piangere, sii soltanto paziente,
Presto sarà tutto finito.

C’è un rumore — lassù.
Stanno sollevando una grata.
Tutti gli occhi osservano, sorpresi.
Nessun suono.
Che cosa sono quei cristalli?… Disinfettante secco.
Zolfo!!?

Gas! Gas! Gas! Panico!
Le urla, l’annaspare
Strattoni e mischia.
Il terrore totale del rendersi conto.

Minuti eterni ad arrampicarsi e azzuffarsi.
Dimenticate le famiglie. Istinto di conservazione.
Carne su carne — che afferra e strappa.
Gas, urla, morte… silenzio.

Elizabeth Wyse
o continuo.
Perciò dopo Auschwitz – ha scritto Theodor W. Adorno - «temere la 





morte significa temere qualcosa di peggio della morte».

15 gennaio 2013

Il dibattito sulle famiglie omosessuali: un punto di vista filosofico

La decisione della Corte di Cassazione sull'affidamento del figlio alla madre che convive con un'altra donna (perché negare che un bambino possa essere cresciuto da una coppia gay è "pregiudizio indimostrato"), ha riaperto la delicata questione delle famiglie omosessuali e del "diritto" di queste di avere figli. Sul tema sono intervenuti giuristi (Carlo Cardia), politologi (Ernesto Galli della Loggia), psicologi (Silvia Vegetti Finzi, Maria Rita Parsi), filosofi (Bernard-Henry-Lévy e Francesca Rigotti), pedagogisti (Domenico Simeone) e molti altri ancora (vedi rassegna stampa in calce all'articolo).
 
Di seguito un punto di vista filosofico sulla questione, espresso dal filosofo morale Adriano Pessina, docente di Bioetica all'Università Cattolica di Milano. Il dibattito è aperto.
 
Articolo di Daniela Monti, dal Corriere della Sera del 4 Gennaio 2013, p. 20

Differenze da tutelare. Differenze «niente affatto indifferenti». Quante volte Adriano Pessina, cattedra di Bioetica alla Cattolica di Milano, nomina la parola differenze? Tante. E il termine chiave, spiega, nell'affrontare un tema caldo, che fa accapigliare, come è quello delle famiglie gay e del loro desiderio, che chiede spazio, di avere una famiglia. L'intervento di Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere, ha riaperto il dibattito: giusto che gli omosessuali abbiano figli? Sì, ha risposto un papà gay, chiedendo per sua figlia gli stessi diritti riconosciuti agli altri bambini. No, ha risposto la psicanalista Silvia Vegetti Finzi, spiegando l'importanza di crescere «con entrambe le figure genitoriali».
«Ma oggi l'identità si costruisce su una rete di persone, che diventano affettuosi riferimenti al di là del grado di parentela», ha sostenuto lo psicoterapeuta e neuropsichiatra Fulvio Scaparro, aggiungendo la propria voce. Ora il filosofo Pessina, cattolico, che ritiene l'omosessualità «una scelta libera, un certo modo di essere e di esistere che va rispettato» lasciando però aperta la questione, «che vale per qualsiasi altra scelta di vita», di come debba essere valutata e di come, e se, debba essere socialmente e giuridicamente tutelata.
«Nel dibattito sull'omosessualità si tende a negare che esista una differenza fra maschile e femminile, sostenendo che sia indifferente essere maschio o femmina e che sia dunque indifferente che una coppia sia formata da un uomo e una donna oppure da due donne o da due uomini premette. Tanto l'importante sarebbe amarsi...». Ma il maschile e il femminile, continua, sono necessari per la definizione stessa della condizione umana, «e non si può certo sostenere che la differenza fra uomo e donna sia una teoria cattolica: è invece fondamentale persino per l'evoluzionismo».
Dove ci porta tutto questo? «All'idea che la complementarietà fra i due sessi è decisiva per tutti: una società matura deve valorizzare la differenza, non mortificarla. Gli omosessuali negano l'importanza di una relazione con un partner di sesso differente. Scelta libera, che va accettata. Dobbiamo però convenire che, come qualsiasi altra scelta, l`omosessualità deve poter essere valutata e giudicata». E la valutazione che Pessina ne dà è in chiaro scuro. «Ogni libera scelta comporta delle conseguenze. I figli nascono da relazioni eterosessuali, non omosessuali. Quando si sceglie il proprio comportamento sessuale bisogna tenerne conto e assumerne le conseguenze con serena responsabilita. E forse una banalità, ma va detta».
La scienza ci consente di raggiungere risultati un volta difficili da immaginare: questo ha cambiato notevolmente le cose. «La scienza e la tecnologia hanno trasformato in modo profondo la nostra esperienza - concorda Pessina -. Ma dobbiamo essere noi a gestire la tecnica, non il contrario». Le tecniche di procreazione assistita, per esempio: erano nate all'interno di un disegno che voleva agevolare la relazione di coppia, continua il bioeticista, «ora però siamo passati da un`idea di aiuto a quella di un indiscriminato diritto ad avere figli».
Se sono omosessuale devo dunque rassegnarmi a non avere figli: è così? Quali scelte una società deve tutelare e quali lasciare aperte alla discussione? «È giusto che lo Stato tuteli con maggior vigore la famiglia eterosessuale come luogo della nascita. Un conto è parlare del riconoscimento di alcuni diritti giuridici degli omosessuali (che ritengo giusti), un conto è sostenere il diritto ad avere figli (come se esistesse, poi, questo diritto: nessuno ha diritto a un figlio, perché i diritti si hanno sulle cose, non sulle persone)».
Il rischio e che si dica che una cosa «è buona solo perché è frutto di una libera scelta. Ma la vera domanda è: qual è il "valore aggiunto" proprio dell`omosessualità che lo Stato può tutelare?». Lei come risponde? «Non credo che nell`omosessualità ci sia un "di più", ma sono disposto ad ascoltare dialogare. Vedo però qual è il "di più" dato dall`eterosessualità: il difficile equilibrio di una relazione che comprende le differenze fra maschile e femminile, che va anche al di là della questione dell`avere figli». 
Il primo studio sui figli di genitori omosessuali risale al 1972: quarant'anni di lavori scientifici, in larghissima parte favorevoli a queste coppie e alle famiglie che hanno creato, vorranno dire qualcosa. «Come tutti i dati della scienza vanno verificati, ma il problema va posto all'origine e non guardando i risultati. Di fatto ci sono bambini equilibrati che sono stati allevati da famiglie poligamiche, o che sono cresciuti in orfanatrofio. Il problema resta un altro: qual è il contesto ideale nel quale pensare lo sviluppo della persona? Le differenze fra maschile e femminile sono un aspetto decisivo dell'umano. Che non può essere negato». 
In Europa molti Paesi sono più avanti di noi in materia di diritti, per tutti. «Questa è una valutazione di cui discutere. Le differenze non possono essere viste sempre e solo come un problema, ma anche come una possibilità. Perché invece di copiare dagli altri paesi non maturiamo insieme una scelta argomentata, non ideologica, in cui contino i valori umani e non solo la lotta per difendere i propri interessi più ancora dei diritti condivisi?». 
Il punto d`arrivo del discorso dí Pessina è questo: discutiamone, impariamo dagli errori che sono stati fatti, «apriamo un tavolo, senza ideologia». Un tavolo dove? «Il luogo più adatto è quello della cultura alta: l'università, dove però oggi si rivendicano diritti più che affrontare, in modo serio, le discussioni (ma noi siamo il paese delle emergenze, le discussioni su gay e figli diventeranno materia da campagna elettorale, dunque sono già bruciate. E intanto non ci rendiamo conto che, in questo genere di cose, o vinciamo tutti o perdiamo tutti)».

Rassegna stampa sulle reazioni alla sentenza dell Corte di Cassazione: