Sono a migliaia, vengono dalla Spagna o da
altri paesi dell'Europa mediterranea colpiti dalla crisi, oppure da
Romania, Ungheria, altri Stati dell'Unione europea dove la povertà di
massa spinge a emigrare, e il basso costo del lavoro scatena gli
appetiti di produzione low cost delle multinazionali. E i big global players
li sfruttano come bestie, come forzati, roba da ricordare gli schiavi
nelle prigioni di cotone, il lavoro infantile in Pakistan o le
fabbriche-lager in Cina. Amazon, il più grosso commerciante online del
mondo, è sotto accusa: ha costruito un vero e proprio Arcipelago GuLag
del lavoro forzato con miseri contratti a termine per gli schiavi e i
forzati del turbocapitalismo globale, neoliberista e senza scrupoli. (Continua su Repubblica.it)
16 febbraio 2013
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