Nel 1967 un professore di storia libertario, pacifista e antimilitarista di un liceo a Palo Alto (California) cercò di svolgere un esperimento educativo per spiegare in modo non libresco la nascita dei regimi totalitari, in particolare del fascismo. A tal scopo introdusse un simbolo (un'onda rossa stilizzata), il saluto, un motto, stemmi, bandiere, regole e punizioni per chi non le rispettava, distribuendo compiti e ruoli ben definiti. Questo esperimento era insomma una sorta di
role-play, una drammatizzazione, che prevedeva l'immedesimazione dei partecipanti e a tal fine previde tutta una serie di rituali che i soldati conoscono bene e che servono a sviluppare il senso di appartenenza, la disciplina, il rispetto delle regole, la rigida divisione dei ruoli, la leadership. Insomma, il professor Ron Jones (questo il suo nome) tentò un esperimento di psicologia sociale in piena regola che riuscì a captare, come ha detto l'ex professore in un'intervista, "il senso dell'esuberanza dei giovani, la loro voglia di essere parte di una comunità e agire per cambiare le cose". Questo tanto per ricordarci che il fascismo/nazismo è una realtà molto vicina e non un tragico incidente del passato, data la nostra natura gregaria e il senso di insicurezza che la società di massa suscita in noi (Hannah Arendt docet). L'esperimento ricorda molto da vicino, inoltre, quello dello psicologo
Stanley Milgram sull'
obbedienza all'autorità (1962): una volta che si sia attribuita autorità e quindi potere a una certa fonte, si tende a conformarsi alle richieste che provengono da essa, anche se questo comporta fare del male agli altri. Insomma, il male è il conformismo, come emerge anche dalla vicenda del prof. Jones (il quale, diciamolo chiaramente, esagerò davvero con il suo esperimento educativo, omettendo quello che un educatore deve sempre ricordarsi: far riflettere criticamente i suoi allievi sulle esperienze educative proposte).
Un'altra spiegazione è quella di Erich Fromm in
Fuga dalla libertà (1941): la gente nelle attuali condizioni di vita ha paura della libertà, di essere autonoma, di dover fare delle scelte, di prendersi determinate responsabilità. La conseguenza è che si cercano scorciatoie ideologiche, semplificazioni cognitive, ancoraggi emotivi. Ci si affida al leader carismatico, ci si identifica totalmente con il gruppo (vedi i recenti episodi di Verona, dall'
assassinio di Nicola Tommasoli al
pestaggio in centro storico), ci si appiattisce nella routine e negli stereotipi e quindi nei pregiudizi (biases). Questo porta dritto all'intolleranza, al fanatismo e al fascismo.
Oggi quella drammatica esperienza è diventata un
film,
L'Onda (Die Welle), del regista tedesco
Dennis Gansel, che ha riambientato in Germania la vicenda, attualizzandola e drammatizzandola ulteriormente (con esiti cinematografici un po' discontinui). L'esperimento costò caro al professore, che fu licenziato e inibito a vita dall'insegnamento nelle scuole pubbliche americane. Collaborò tuttavia con
Philip Zimbardo, il noto autore dello "Stanford Prison Experiment" (
qui link al documentario originale).
Ci si deve chiedere, però: ma davvero è così facile far diventare tutti dei nazisti in pectore? Basta un professore che ci sa fare? E davvero i giovani si sottomettono così facilmente al potere e stanno ad ascoltare le proposte di un loro professore (per giunta "alternativo")? Sembra che il totalitarismo abbia bisogno solo di un capetto e non di un tessuto sociale, di premesse culturali, storiche, economiche. La complessità storica diventa un gioco di ruolo, un videogame, un meccanismo a stimolo/risposta, una semplificazione dilettantesca. E questo, se non è totalitario, è - quanto meno - semplicemente stupido.