Tra le poche notizie positive uscite nei giorni scorsi dai palazzi romani, e passate come d’abitudine quasi inosservate, c’è l’intesa tra i ministri dell’Istruzione e dei Beni Culturali Mariastella Gelmini e Sandro Bondi per scoraggiare i viaggi all’estero delle scolaresche italiane. Il programma «Alla scoperta del tuo Paese», che durerà due anni e coinvolgerà 500 istituti, mira non solo a promuovere la conoscenza del territorio nazionale in vista del 150mo anniversario dell’Unità ma anche a combattere un certo andazzo spensieratamente vacanziero diffuso in questi anni nelle scuole della Repubblica. Quelli che vengono spacciati come «viaggi di istruzione» a Barcellona o a Berlino (due tra le mete più gettonate) sono di fatto degli ottimi pretesti per bigiare tutti insieme, professori e studenti, una settimana o più di lezioni e andare a bighellonare in una capitale straniera. Qualche ora di sbadigli alla Sagrada Familia o alla Gemäldegalerie, un po’ di foto col telefonino, poi di corsa nella prima birreria o in qualche Tapas Bar. Per tacere delle notti brave in albergo, con annessi spinelli e video osé. Voli low cost e pacchetti all inclusive rendono popolari queste transumanze presso le famiglie, ben felici di liberarsi per un po’ dell’ingombrante presenza di adolescenti ipodizzati e scarsamente interattivi.
Il programma ministeriale prevede pure un concorso aperto a scuole medie e licei, che dovranno gemellarsi per proporre idee originali di viaggi d’istruzione (non di distruzione né di distrazione), rigorosamente entro i confini patrii. Attendiamo fiduciosi gli esiti del concorso. Purché l’originalità non consista nel mandare i ragazzi a Firenze coll’insegnante di ginnastica, che non sa neppure chi era Brunelleschi.
Se fossi nei panni dei professori suggerirei una destinazione insolita, lontana dalle rotte più battute: la bella isola di Lampedusa, ultimamente frequentata da una specie particolare di crocieristi provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo. Laggiù, senza bisogno di passare la frontiera, ma restando in terra italiana, gli studenti potranno vedere un po’ di mondo, capire le conseguenze della globalizzazione e imparare due concetti fondamentali delle democrazie liberali: il dovere di accoglienza verso lo straniero e il valore della vita umana. Non la vita vegetativa, ma quella piena e cosciente di chi lotta per sopravvivere e spesso viene buttato a mare senza che a nessuno venga in mente di salvarlo con un decreto. Peggio, rischiando di essere denunciato come clandestino dai medici del pronto soccorso.
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