Spersonalizzazione, appiattimento dei gusti, livellamento delle coscienze, volgarità diffusa: così Tocqueville vede la democrazia, esito di una "tirannia della maggioranza", ovvero di una massa anonima in balia degli stessi gusti e della moda, alla ricerca solo dell'apparenza mondana e del benessere materiale a tutti i costi.
Va subito precisato che per Tocqueville in politica il principio formale di maggioranza va rispettato. Si tratta però di un principio formale, non materiale: ciò che va respinto è invece il potere tirannico della maggioranza, perché esso annulla le libertà dell'individuo. Il "nuovo tiranno", cioè la maggioranza, minaccia la sfera spirituale, perché fa arrivare questo messaggio al "diverso", a chi non si conforma al suo potere: "se tu non vuoi nutrire i miei stessi pensieri e i miei stessi gusti, lo potrai fare: non sarai messo a morte, né perderai i tuoi diritti di cittadino. Ma questi diritti saranno inutili: perché se aspiri a farti eleggere dai tuoi concittadini, essi ti rifiuteranno; e ti sfuggiranno come un essere impuro e stravagante. Tu sei diverso dalla maggioranza: essa non ti riconosce; la tua vita è salva, ma è peggiore della morte!".
Alla luce di queste pagine tratte da La democrazia in America, discuti le riflessioni di Tocqueville sulla base delle seguenti domande-guida:
1) ritieni che la descrizione di Tocqueville di "una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri" sia ancora attuale? quali aspetti ti sembrano poco o niente affatto condivisibili?
2) Tocqueville sembra disprezzare le "folle" o le "masse" anonime. Quale fondamento ha, secondo te, questo giudizio così drastico?
3) nella tua esperienza personale hai mai avvertito questa "tirannia"? ti sei mai sentito oppresso dal volere della maggior parte dei tuoi pari (compagni, amici, conoscenti) che fa cose nelle quali tu non ti riconosci?
"La forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, i nostri contemporanei non ne potranno trovare l'immagine nei loro ricordi. Invano anch'io cerco un'espressione che riproduca e contenga esattamente l'idea che me ne sono fatto, poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome.
Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria.
Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell'infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere?
Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio.
Così, dopo avere preso a volta a volta nelle sue mani potenti ogni individuo ed averlo plasmato a suo modo, il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore.
Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo.
I nostri contemporanei sono incessantemente affaticati da due contrarie passioni: sentono il bisogno di essere guidati e desiderano di restare liberi; non potendo fare prevalere l'una sull'altra, si sforzano di conciliarle: immaginano un potere unico, tutelare ed onnipotente, eletto però dai cittadini, e combinano l'accentramento con la sovranità popolare. Ciò dà loro una specie di sollievo: si consolano di essere sotto tutela pensando di avere scelto essi stessi i loro tutori. Ciascun individuo sopporta di sentirsi legato, perché pensa che non sia un uomo o una classe, ma il popolo intero a tenere in mano la corda che lo lega.
In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra."
A. de Tocqueville, La democrazia in America, a cura di G. Candeloro, Rizzoli, Milano 1996, pp. 732-33.
Alla luce di queste pagine tratte da La democrazia in America, discuti le riflessioni di Tocqueville sulla base delle seguenti domande-guida:
1) ritieni che la descrizione di Tocqueville di "una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri" sia ancora attuale? quali aspetti ti sembrano poco o niente affatto condivisibili?
2) Tocqueville sembra disprezzare le "folle" o le "masse" anonime. Quale fondamento ha, secondo te, questo giudizio così drastico?
3) nella tua esperienza personale hai mai avvertito questa "tirannia"? ti sei mai sentito oppresso dal volere della maggior parte dei tuoi pari (compagni, amici, conoscenti) che fa cose nelle quali tu non ti riconosci?
"La forma d'oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non rassomiglierà a quelle che l'hanno preceduta nel mondo, i nostri contemporanei non ne potranno trovare l'immagine nei loro ricordi. Invano anch'io cerco un'espressione che riproduca e contenga esattamente l'idea che me ne sono fatto, poiché le antiche parole dispotismo e tirannide non le convengono affatto. La cosa è nuova, bisogna tentare di definirla, poiché non è possibile indicarla con un nome.
Se cerco di immaginarmi il nuovo aspetto che il dispotismo potrà avere nel mondo, vedo una folla innumerevole di uomini eguali, intenti solo a procurarsi piaceri piccoli e volgari, con i quali soddisfare i loro desideri. Ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici formano per lui tutta la specie umana; quanto al rimanente dei suoi concittadini, egli è vicino ad essi, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; vive in se stesso e per se stesso e, se gli resta ancora una famiglia, si può dire che non ha più patria.
Al di sopra di essi si eleva un potere immenso e tutelare, che solo si incarica di assicurare i loro beni e di vegliare sulla loro sorte. È assoluto, particolareggiato, regolare, previdente e mite. Rassomiglierebbe all'autorità paterna se, come essa, avesse lo scopo di preparare gli uomini alla virilità, mentre cerca invece di fissarli irrevocabilmente nell'infanzia, ama che i cittadini si divertano, purché non pensino che a divertirsi. Lavora volentieri al loro benessere, ma vuole esserne l'unico agente e regolatore; provvede alla loro sicurezza e ad assicurare i loro bisogni, facilita i loro piaceri, tratta i loro principali affari, dirige le loro industrie, regola le loro successioni, divide le loro eredità; non potrebbe esso togliere interamente loro la fatica di pensare e la pena di vivere?
Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l'uso del libero arbitrio, restringe l'azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l'uso di se stesso. L'eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche considerarle come un beneficio.
Così, dopo avere preso a volta a volta nelle sue mani potenti ogni individuo ed averlo plasmato a suo modo, il sovrano estende il suo braccio sull'intera società; ne copre la superficie con una rete di piccole regole complicate, minuziose ed uniformi, attraverso le quali anche gli spiriti più originali e vigorosi non saprebbero come mettersi in luce e sollevarsi sopra la massa; esso non spezza le volontà, ma le infiacchisce, le piega e le dirige; raramente costringe ad agire, ma si sforza continuamente di impedire che si agisca; non distrugge, ma impedisce di creare; non tiranneggia direttamente, ma ostacola, comprime, snerva, estingue, riducendo infine la nazione a non essere altro che una mandria di animali timidi ed industriosi, della quale il governo è il pastore.
Ho sempre creduto che questa specie di servitù regolata e tranquilla, che ho descritto, possa combinarsi meglio di quanto si immagini con qualcuna delle forme esteriori della libertà e che non sia impossibile che essa si stabilisca anche all'ombra della sovranità del popolo.
I nostri contemporanei sono incessantemente affaticati da due contrarie passioni: sentono il bisogno di essere guidati e desiderano di restare liberi; non potendo fare prevalere l'una sull'altra, si sforzano di conciliarle: immaginano un potere unico, tutelare ed onnipotente, eletto però dai cittadini, e combinano l'accentramento con la sovranità popolare. Ciò dà loro una specie di sollievo: si consolano di essere sotto tutela pensando di avere scelto essi stessi i loro tutori. Ciascun individuo sopporta di sentirsi legato, perché pensa che non sia un uomo o una classe, ma il popolo intero a tenere in mano la corda che lo lega.
In questo sistema il cittadino esce un momento dalla dipendenza per eleggere il padrone e subito dopo vi rientra."
A. de Tocqueville, La democrazia in America, a cura di G. Candeloro, Rizzoli, Milano 1996, pp. 732-33.
3 commenti:
Effettivamente la mia idea di popolo non si discosta molto da quella di Tocqueville.
Sarò forse troppo vago nei miei giudizi, ma vedendo quello che succede ed è successo in Italia dalla fine degli anni '80 ai giorni nostri, penso si possa fare una valutazione: citerò ora delle impressioni che non vogliono aprire un dibattito o fare politica, ma cercano di supportare l'idea di Toqueville.
La nascita delle televisioni commerciali ( come teleMilano poi gruppo mediaset che poi hanno influenzato un po' tutta la televisione italiana) ha dato luogo ad un mutamento che ha radicalmente cambiato il paese, tanto che ogni giorno ne sentiamo le conseguenze...
"Certe televisioni" hanno fatto leva sui desideri più "proibiti" dell'italiano medio: il sesso, le donne, il denaro, il successo facile, ecc.
Io da questo punto di vista trovo corretta l'osservazione di Tocqueville, non riesco a capire una cosa... che rapporto c'è tra la democrazia e i piaceri delle masse.
Al secondo punto effettivamente non è per niente facile rispondere, ma personalmente credo che le masse creino masse. Nel senso che le folle sono vittime di loro stesse: il popolo crea la democrazia, la democrazia crea il popolo e ne condiziona la libertà. Oltre a questo Tocqueville evidenzia con la frase "...ognuno di essi, tenendosi da parte, è quasi estraneo al destino di tutti gli altri" che manca la coesione sociale.
Effettivamente la tirannia della maggioranza può trasformare la più liberale delle democrazie in un regime totalitario.
Capita spesso nel quotidiano di essere da solo contro delle persone (cioè una maggioranza) che magari la vedono in modo sbagliato perchè ignoranti. Credo che il potere, e in parte anche la democrazia, siano un'arma a doppio talgio: il potere ha la grande forza di distruggere o costruire in poco tempo qualcosa di complessissimo, come la società ad esempio.
Tocqueville sostiene che all’interno della società sia diffusa la volgarità, avvenga la spersonalizzazione,l’appiattimento dei gusti e il livellamento delle coscienze, ovvero che sia presente una “tirannia della maggioranza”.
Questo non significa che la democrazia sia una forma di governo negativa, anzi, solo che l’uomo ne fa un uso sbagliato approfittandone. In questo modo l’uomo è costretto a seguire gli ideali della massa per non essere estraniato da essa.
Secondo Tocqueville quindi viene esercitato un potere a fini propri, plasmando il popolo convincendolo che sia tutto a proprio vantaggio, rendendo sempre meno necessario l’uso del libero arbitrio.
Credo che questa visione della società, nonostante sia drastica, pessimista e negativa in un modo troppo eccessivo, sia purtroppo ancora attuale. La gente veramente indipendente dal punto di vista intellettuale, quella che non teme il diverso, scarseggi.
Siamo chiamati esseri sociali, viviamo continuamente a contatto con altri gruppi ed altre persone, siamo influenzati da esse, quindi anche loro contribuiscono al nostro benessere. Siamo disposti, di conseguenza, a modificare il nostro essere, le nostre idee e principi per conciliarli con quelli delle persone che ci circondano, in modo da mantenere una buona armonia.
A mio parere questo fatto avveniva anche ai tempi di Tocqueville, per questo egli, secondo me, disprezza le “folle” e le “masse” anonime.
Nella mia realtà la “tirannia” è presente, basti osservare il funzionamento della vita di alcuni gruppi di giovani. Ad esempio: se la moda “dice” pantaloni stretti, indumenti firmati, solitamente accade che la persona che trasgredisce può essere derisa dalla maggioranza e addirittura esclusa.
Per quanto mi riguarda, ho sempre fatto ciò che credevo fosse giusto fare, non interessandomi del giudizio degli altri.
1) Ritengo che l’affermazione di Toqueville sia assai attuale. Attraverso i mass media, ad esempio, vengono trasmessi messaggi che innalzano il valore del divertimento e dello svago rispetto a pratiche più importanti come il seguire la politica e l’economia del paese; ormai anche i telegiornali si occupano di gossip e di scandali, i quali vengono più o meno messi in luce in base all’indice di ascolti che potrebbero portare. Tutto questo per allontanare le masse dall’idea che ci siano dei problemi e, se presenti, di poca importanza; sembra di essere rimasti ai tempi del Re Sole ed essere ospiti nella sua lussuosa reggia di Versailles, inconsapevoli del fatto che la persona di cui ci fidiamo e che abbiamo votato, stia agendo a proprio vantaggio senza renderci partecipi delle sue decisioni.
2) Toqueville ritiene che le masse siano inferiori rispetto alle èlite, di cui anch’egli faceva parte. Questo perché è vissuto in una società, quella francese, che disprezzava le folle, dove la democrazia e il “governo del popolo” non aveva ancora sovrastato l’idea di monarchia e comunque di oligarchia.
3) Ogni giorno siamo portati a “fare i conti” con la democrazia; quante volte abbiamo sentito queste parole: “ La maggioranza ha deciso che …” ? Si segue quindi l’idea del gruppo più numeroso e tutto ve bene se tu fai parte di quel gruppo. Quando invece non è la tua idea ad essere presa in considerazione, iniziano i problemi, le discussioni e si crede che ci sia una certa ingiustizia di fondo. A volte mi chiedo se la democrazia sia realmente “democratica”, cioè è vero che il governo è del popolo, ma di tutto il popolo? E se la maggioranza sbaglia? E’ questo il problema della democrazia: il dover seguire la maggioranza; anche a me capita spesso di dover cambiare per adeguarmi alla massa. Questa forma di governo e di pensiero è ormai entrata a far parte del nostro modo di vivere e anche se a volte non è la nostra idea a vincere, per lo più riteniamo che sia giusto così e ci comportiamo di conseguenza.
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