15 novembre 2006

Le radici della violenza

Dire che quello che è accaduto in una scuola della periferia di Torino mi ha lasciato allibito e amareggiato è poco. Per chi non sapesse cos’è successo, ricapitolo quanto finora riportato dalla stampa (sintetizzo con materiale di Repubblica.it):

L’aggressione. In un istituto professionale di Torino, alla fine dello scorso anno scolastico, alcuni ragazzi, intorno ai 17 anni, aggrediscono con percosse, insulti e altre umiliazioni, un ragazzo sofferente di una forma particolare, non bene identificata, di autismo, accompagnando il tutto con saluti e scritte naziste. Gli autori del gesto riprendono la scena con un videofonino e inviano il filmato in rete.

Il video. Il video, della durata di tre minuti, è stato messo on line ad agosto dalla ragazza che aveva partecipato all’aggressione. Nel filmato si vedono una decina di compagni di classe che stanno a guardare, mentre uno dei ragazzi indagati sferra qualche pugno e qualche calcio al compagno disabile, un altro è intento a riprendere la scena con la telecamera, un terzo che disegna il simbolo “SS” sulla lavagna e fa il saluto fascista. E l’impressione è che l’aggressione fosse premeditata.

Nessun aiuto. Il ragazzo aggredito rimane in un angolo, immobile, reagendo debolmente alle botte di un compagno che si avvicina, lo colpisce velocemente e si allontana. Al giovane disabile vengono anche tirati oggetti e per ripararsi lui perde gli occhiali e si china a cercarli affannosamente. Gran parte della classe intanto, seduta tra i banchi, schiamazza, tra l'annoiato e il divertito. Nessuno dei presenti si alza per difendere la vittima o per fermare chi lo deride.

La testimonianza. “Un ragazzo dolcissimo. Gli piace il cantante Zucchero e per questo vuole sempre che io gli canti le sue melodie”: così un’operatrice della scuola ha descritto il giovane portatore di handicap. Una donna che lavora nell’istituto non è sembrata stupirsi troppo dell’accaduto. “Gli altri ragazzi non legano con lui – ha detto – non c’è solidarietà tra loro. Lui quasi non vede e sente pochissimo. Fa quindi molta fatica anche a capire gli scherzi. È, però, un ragazzo buono”.

Di fronte a quello che ho potuto vedere e leggere nascono in me varie considerazioni e alcune domande, che elenco in ordine non logico ma emotivo (anche noi insegnanti abbiamo un'emotività, no?):

  • Sento già gli psicologi affannarsi a ricordare a tutti, ministri, docenti, opinione pubblica e studenti, che non bisogna criminalizzare i ragazzi che, in un momento di noia, hanno umiliato e vessato ignobilmente e vilmente una persona incapace di difendersi. Infatti, applicando lo schema standard della psicologia, bisogna evitare di “etichettare” o si otterrà l’effetto, opposto a quello desiderato, di far diventare “stabilmente” nazisti i comportamenti devianti di ragazzi la cui colpa è in realtà quella di non aver avuto insegnanti e famiglie capaci di far prendere loro coscienza di che cos’è il rispetto dell’altro; che hanno ormai interiorizzato l’idea che l’identità si conquista solo con la forza, la sopraffazione, la negazione dell’altro. Ma è evidente che la buona intenzione della psicologia si scontra con l'abiezione di misfatti come questi. Verrebbe da dire all'amico alunno torinese: stai pure tranquillo, caro disabile inserito in una classe di neonazisti emuli di Arancia meccanica, non prendertela con i tuoi aguzzini, anche loro sono vittime delle inefficienze della scuola e della latitanza delle famiglie. E' tutta colpa della società! Possibile che la psicologia non abbia altro da dire?
  • Sul Corriere del Veneto di oggi (15 novembre), a pagina 6, c'è un ritratto desolante degli adolescenti veneti: individui esibizionisti, disposti a ricorrere persino alla violenza verbale e fisica pur di vedere riconosciuta per intero la propria personalità. "Dopo tanti anni di insegnamento, ora sembra di trovarsi davanti a degli extraterrestri", dicono alcuni docenti delle scuole medie e superiori del Vicentino. Qualcuno ricorderà che a Vicenza, qualche tempo fa, alcuni ragazzini delle medie hanno picchiato un loro coetaneo perché non indossava vestiti alla moda. E se i maschi, prosegue l'articolo, sfogano i sentimenti violenti verso gli altri, le femmine sono più inclini all'autolesionismo: sembra che sia ormai una pratica diffusa fra le giovanissime venete quella di tagliuzzare parti del corpo con insistenza con i cutter, fino a che non esce qualche goccia di sangue. Spiega una psicoterapeuta che "i nuovi adolescenti sono caratterizzati dalla voglia di farsi vedere a tutti i costi, sono grandi consumatori, narcisisti, bulli e precoci sessualmente". Dagli undici ai diciotto-diciannove anni, ragazze e ragazzi inseguono il rischio, ben consapevoli - secondo gli esperti - del gesto che stanno per compiere, senza però aver valutato le conseguenze. Fissi sul presente, mancano dell'orientamento verso il futuro. Così si lanciano su storie d'amore con persone più mature (dodicenni con maggiorenni) o offrono favori sessuali per una ricarica telefonica.
  • La pedagogia è lo sforzo, se vogliamo utopico, di pensare che l’uomo può e deve essere educato. Nel processo educativo la persona cresce, si trasforma, nell’auspicio che questa trasformazione sia un’evoluzione positiva, un raggiungimento dell'autonomia e dell'autostima, una liberazione da stereotipi e pregiudizi con la formazione di una mentalità critica e aperta, solidale e democratica, pluralistica e razionale. Ecco perché mi sconvolge in particolare, non solo l’assenza e la latitanza dei docenti di quella classe, ma anche le parole della non meglio precisata educatrice, forse un’insegnante di sostegno, che segue il ragazzo autistico aggredito "Fa molta fatica a capire gli scherzi, però è un ragazzo buono". Ma che vuol dire? Che è colpa del ragazzo aggredito per non aver saputo prevenire gli “scherzi” e che ci volevano calci e pugni per scuoterlo un po’? E l'educatore allora che ci sta a fare, a che pro lo si paga (con le tasse dei cittadini)? Caro ragazzo torinese, ripeto, non preoccuparti, sei in buone mani, e puoi sempre consolarti ascoltando la tua insegnante di sostegno mentre ti canta le canzoni di Zucchero. Cantare le canzoni di Zucchero: tutto qui quello che si può fare per aiutare un ragazzo in difficoltà? Possibile che non si capisca che l'autismo è una sindrome complicata, con conseguenze dolorose sulla famiglia e su chi deve gestire la vita di tali persone?
  • Mi ha colpito il tono di grande dignità morale e di civiltà nelle parole della madre del ragazzo, nonostante questi abbia capito benissimo tutto quello che gli è accaduto: "Lui è sempre rimasto in silenzio. Quando è accaduto il fatto, quando si è rivisto in televisione e anche oggi, quando abbiamo incontrato il preside della scuola che ci ha chiesto scusa e si è detto mortificato. Si tiene tutto dentro, ma vi garantisco che ha capito bene ogni cosa e che deve aver sopportato proprio perché è un ragazzo speciale". Qualora qualcuno volesse leggere qualcosa sull'autismo, consiglio Né giusto né sbagliato di Paul Collins (Adelphi).
  • Dato che ai ragazzi del professionale torinese piace il nazismo, vorrei ricordare che cos’hanno fatto i nazisti ai disabili mentali come i Down, gli schizofrenici e le persone con malattie genetiche ereditarie. E visto che amano mettere in rete i materiali, potranno scoprire che in rete c'è anche chi carica materiale ben più degno di attenzione e utile all'umanità, come ad esempio nel sito www.olokaustos.org. Nella sezione riguardante l’eliminazione dei disabili, nota anche come “Aktion T4”, si legge che i nazisti avevano programmato l’eliminazione di quelle persone che, per stili di vita e comportamenti fuori dalla norma, venivano considerate una “minaccia biologica”, cioè un rischio di contaminazione per la purezza della razza ariana: in primis gli omosessuali, ma poi anche tutti coloro che venivano bollati come portatori di "tare" umane. Vedere per credere.
  • Se si naviga un po’ nel sito si scopre un altro crimine agghiacciante: lo sterminio dei bambini noto come il massacro di Bullenhuser Damm: bambini usati per pseudo-esperimenti sulla tubercolosi, che veniva loro inoculata deliberatamente (con conseguente successiva asportazione delle ghiandole ascellari) e poi impiccati “come quadri alle pareti”. Chissà se quei ragazzi, ora indagati da tre procure, per violenza privata in concorso, lo sapevano. Forse non glie ne importa nemmeno un po', ma sono queste le vere radici della violenza: l'affermazione violenta della propria identità attraverso la negazione dell'altro.

30 ottobre 2006

Presentazione di Condizioni Umane

Condizioni umane è un blog, ovvero un sito con una serie di testi (post) che è possibile commentare. Non si tratta di un blog qualsiasi, ma di un laboratorio didattico rivolto soprattutto, ma non esclusivamente, ai miei studenti del liceo delle scienze sociali e sociopsicopedagogico, i quali potranno discutere sugli argomenti da me o da loro proposti, appunto attraverso i commenti. L'obiettivo di questo blog è soprattutto l'educazione interculturale contro il pregiudizio e il razzismo, l'esercizio della riflessione critica, soprattutto nei confronti della sottocultura diffusa dai mass-media.
Gli argomenti di discussione rientreranno in una di queste quattro categorie:
a) argomenti di scienze sociali, sociologia, psicologia ecc.;
b) argomenti filosofici (compresenza filosofia-scienze sociali);
c) questioni emerse in classe, sulle quali voglio indurvi a riflettere con maggiore attenzione;
d) questioni di attualità.
Il primo post di Condizioni Umane è firmato da Davide Bruzzolo della 5Bso, che propone qui un'interessante riflessione sulle discussioni di compresenza relative alle trasformazioni "antropologiche" dei comportamenti giovanili, provocate da media e nuove tecnologie.
Chi vuole pubblicare le sue riflessioni o intervenire sul blog lo può fare consegnandomi il testo su dischetto o scrivendomi una email o, meglio ancora, "postando" direttamente il commento sul blog.
Potete comunque anche "postare" direttamente i vostri contributi però dovete autenticarvi dopo aver cliccato su "comments".
E, a proposito di trasformazioni indotte dalla "téchne": qualcuno conosce la serie televisiva di molti anni fa di cui uso un'immagine come mio "logo"? Si intitolava, guarda un po', "Il Prigioniero"...

Prof. Alessandro Bellan

Osservazioni su giovani, tecnologia e... Vittorino Andreoli

Al giorno d'oggi lo sviluppo della tecnica ha raggiunto livelli di evoluzione altissimi, che trent’anni fa non si sarebbero mai immaginati: internet, televisione digitale, telefonia mobile, ecc…

Tutto questo ha influito sulla società e soprattutto sui ragazzi, le nuove generazioni, che come conferma Günther Anders vengono “formati e deformati” dalle tecniche che la società ci offre.

Vengono formati in quanto crescono con l’idea di un mondo più evoluto, di facile e pronto utilizzo (questo grazie soprattutto al PC e alla rete che ci permettono di raggiungere qualsiasi parte del mondo con un clic).

Vengono invece deformati poiché tutta questa comodità più che compromettere, inibisce e assopisce tutta, o quasi, quella gamma di sistemi e processi che io metterei in stretta relazione con la sopravvivenza in questa società sempre più simile ad una giungla telematica dove regna suprema la tecnica.

In questo modo i ragazzi risultano più fragili e insicuri di un tempo, assopiti nella protezione offerta da mamma tecnica che, a loro insaputa, li rende schiavi.

Per quanto riguarda le affermazioni di Vittorino Andreoli le trovo molto provocatorie, in quanto egli prende in considerazione un momento della vita umana notoriamente caratterizzato da fragilità e insicurezza, facendone una spiacevole conseguenza della società odierna.

Risulta vero inoltre che con gli anni e l’avvento dei media si è registrato un aumento del desiderio di apparire e diventare famosi, ma questo secondo me non è solo un'attribuzione da fare agli adolescenti, ma a tutti gli individui siano adulti, anziani o bambini che, in questo modo, cercano di valorizzare la propria individualità oppressa sempre più dall’omologazione a modelli stereotipati impostaci.

Trovo ardito pure parlare di “espressioni infantili” e “gemiti da neonato” poiché questo significherebbe la constatazione che ancora oggi, nel 2006, vi è un’agenzia di socializzazione importante, la scuola, retrograda e primitiva, cosa non vera a mio parere, come a parere della professoressa Silvana Belli: ella infatti afferma che se si cerca di portare il metodo educativo più all’avanguardia di così si rischiano insuccessi, per il solo fatto che gli alunni tendono ad approfittarsi della facilità.

Per quanto riguarda invece la cultura giovanile che comprende lettura e musica penso che essa rientri nell’espressione di quella individualità succitata, supportata solamente (come afferma Michela Nacci ) e non condizionata dalle odierne tecnologie come l’iPod.

Davide Bruzzolo

5B scienze sociali

Liceo delle scienze sociali dell'Istituto Magistrale "Duca degli Abruzzi" di Treviso

Leggendo questo post di Davide, mi è venuto in mente quello che diceva Pier Paolo Pasolini, il famoso intellettuale, regista e poeta ucciso in modo atroce il 2 novembre del 1975:

"Quando vedo intorno a me i giovani che stanno perdendo gli antichi valori popolari e assorbono i nuovi modelli imposti dal capitalismo, rischiando così una forma di disumanità, una forma atroce di afasia, una brutale assenza di capacità critiche, una faziosa passività, ricordo che queste erano appunto le forme tipiche delle SS: e vedo così stendersi sulle nostre città l'ombra orrenda della croce uncinata. Una visione apocalittica, certamente, la mia. Ma se accanto ad essa e all'angoscia che la produce, non vi fosse in me anche un elemento di ottimismo, il pensiero cioè che esiste la possibilità di lottare contro tutto questo, semplicemente non sarei qui, tra voi, a parlare".

Pier Paolo Pasolini, "Il genocidio", 1974, in Scritti corsari, Garzanti, Milano 2001 [1975], p. 231.


Cosa ne pensate?