L’aggressione. In un istituto professionale di Torino, alla fine dello scorso anno scolastico, alcuni ragazzi, intorno ai 17 anni, aggrediscono con percosse, insulti e altre umiliazioni, un ragazzo sofferente di una forma particolare, non bene identificata, di autismo, accompagnando il tutto con saluti e scritte naziste. Gli autori del gesto riprendono la scena con un videofonino e inviano il filmato in rete.
Il video. Il video, della durata di tre minuti, è stato messo on line ad agosto dalla ragazza che aveva partecipato all’aggressione. Nel filmato si vedono una decina di compagni di classe che stanno a guardare, mentre uno dei ragazzi indagati sferra qualche pugno e qualche calcio al compagno disabile, un altro è intento a riprendere la scena con la telecamera, un terzo che disegna il simbolo “SS” sulla lavagna e fa il saluto fascista. E l’impressione è che l’aggressione fosse premeditata.
Nessun aiuto. Il ragazzo aggredito rimane in un angolo, immobile, reagendo debolmente alle botte di un compagno che si avvicina, lo colpisce velocemente e si allontana. Al giovane disabile vengono anche tirati oggetti e per ripararsi lui perde gli occhiali e si china a cercarli affannosamente. Gran parte della classe intanto, seduta tra i banchi, schiamazza, tra l'annoiato e il divertito. Nessuno dei presenti si alza per difendere la vittima o per fermare chi lo deride.
La testimonianza. “Un ragazzo dolcissimo. Gli piace il cantante Zucchero e per questo vuole sempre che io gli canti le sue melodie”: così un’operatrice della scuola ha descritto il giovane portatore di handicap. Una donna che lavora nell’istituto non è sembrata stupirsi troppo dell’accaduto. “Gli altri ragazzi non legano con lui – ha detto – non c’è solidarietà tra loro. Lui quasi non vede e sente pochissimo. Fa quindi molta fatica anche a capire gli scherzi. È, però, un ragazzo buono”.
Di fronte a quello che ho potuto vedere e leggere nascono in me varie considerazioni e alcune domande, che elenco in ordine non logico ma emotivo (anche noi insegnanti abbiamo un'emotività, no?):
- Sento già gli psicologi affannarsi a ricordare a tutti, ministri, docenti, opinione pubblica e studenti, che non bisogna criminalizzare i ragazzi che, in un momento di noia, hanno umiliato e vessato ignobilmente e vilmente una persona incapace di difendersi. Infatti, applicando lo schema standard della psicologia, bisogna evitare di “etichettare” o si otterrà l’effetto, opposto a quello desiderato, di far diventare “stabilmente” nazisti i comportamenti devianti di ragazzi la cui colpa è in realtà quella di non aver avuto insegnanti e famiglie capaci di far prendere loro coscienza di che cos’è il rispetto dell’altro; che hanno ormai interiorizzato l’idea che l’identità si conquista solo con la forza, la sopraffazione, la negazione dell’altro. Ma è evidente che la buona intenzione della psicologia si scontra con l'abiezione di misfatti come questi. Verrebbe da dire all'amico alunno torinese: stai pure tranquillo, caro disabile inserito in una classe di neonazisti emuli di Arancia meccanica, non prendertela con i tuoi aguzzini, anche loro sono vittime delle inefficienze della scuola e della latitanza delle famiglie. E' tutta colpa della società! Possibile che la psicologia non abbia altro da dire?
- Sul Corriere del Veneto di oggi (15 novembre), a pagina 6, c'è un ritratto desolante degli adolescenti veneti: individui esibizionisti, disposti a ricorrere persino alla violenza verbale e fisica pur di vedere riconosciuta per intero la propria personalità. "Dopo tanti anni di insegnamento, ora sembra di trovarsi davanti a degli extraterrestri", dicono alcuni docenti delle scuole medie e superiori del Vicentino. Qualcuno ricorderà che a Vicenza, qualche tempo fa, alcuni ragazzini delle medie hanno picchiato un loro coetaneo perché non indossava vestiti alla moda. E se i maschi, prosegue l'articolo, sfogano i sentimenti violenti verso gli altri, le femmine sono più inclini all'autolesionismo: sembra che sia ormai una pratica diffusa fra le giovanissime venete quella di tagliuzzare parti del corpo con insistenza con i cutter, fino a che non esce qualche goccia di sangue. Spiega una psicoterapeuta che "i nuovi adolescenti sono caratterizzati dalla voglia di farsi vedere a tutti i costi, sono grandi consumatori, narcisisti, bulli e precoci sessualmente". Dagli undici ai diciotto-diciannove anni, ragazze e ragazzi inseguono il rischio, ben consapevoli - secondo gli esperti - del gesto che stanno per compiere, senza però aver valutato le conseguenze. Fissi sul presente, mancano dell'orientamento verso il futuro. Così si lanciano su storie d'amore con persone più mature (dodicenni con maggiorenni) o offrono favori sessuali per una ricarica telefonica.
- La pedagogia è lo sforzo, se vogliamo utopico, di pensare che l’uomo può e deve essere educato. Nel processo educativo la persona cresce, si trasforma, nell’auspicio che questa trasformazione sia un’evoluzione positiva, un raggiungimento dell'autonomia e dell'autostima, una liberazione da stereotipi e pregiudizi con la formazione di una mentalità critica e aperta, solidale e democratica, pluralistica e razionale. Ecco perché mi sconvolge in particolare, non solo l’assenza e la latitanza dei docenti di quella classe, ma anche le parole della non meglio precisata educatrice, forse un’insegnante di sostegno, che segue il ragazzo autistico aggredito "Fa molta fatica a capire gli scherzi, però è un ragazzo buono". Ma che vuol dire? Che è colpa del ragazzo aggredito per non aver saputo prevenire gli “scherzi” e che ci volevano calci e pugni per scuoterlo un po’? E l'educatore allora che ci sta a fare, a che pro lo si paga (con le tasse dei cittadini)? Caro ragazzo torinese, ripeto, non preoccuparti, sei in buone mani, e puoi sempre consolarti ascoltando la tua insegnante di sostegno mentre ti canta le canzoni di Zucchero. Cantare le canzoni di Zucchero: tutto qui quello che si può fare per aiutare un ragazzo in difficoltà? Possibile che non si capisca che l'autismo è una sindrome complicata, con conseguenze dolorose sulla famiglia e su chi deve gestire la vita di tali persone?
- Mi ha colpito il tono di grande dignità morale e di civiltà nelle parole della madre del ragazzo, nonostante questi abbia capito benissimo tutto quello che gli è accaduto: "Lui è sempre rimasto in silenzio. Quando è accaduto il fatto, quando si è rivisto in televisione e anche oggi, quando abbiamo incontrato il preside della scuola che ci ha chiesto scusa e si è detto mortificato. Si tiene tutto dentro, ma vi garantisco che ha capito bene ogni cosa e che deve aver sopportato proprio perché è un ragazzo speciale". Qualora qualcuno volesse leggere qualcosa sull'autismo, consiglio Né giusto né sbagliato di Paul Collins (Adelphi).
- Dato che ai ragazzi del professionale torinese piace il nazismo, vorrei ricordare che cos’hanno fatto i nazisti ai disabili mentali come i Down, gli schizofrenici e le persone con malattie genetiche ereditarie. E visto che amano mettere in rete i materiali, potranno scoprire che in rete c'è anche chi carica materiale ben più degno di attenzione e utile all'umanità, come ad esempio nel sito www.olokaustos.org. Nella sezione riguardante l’eliminazione dei disabili, nota anche come “Aktion T4”, si legge che i nazisti avevano programmato l’eliminazione di quelle persone che, per stili di vita e comportamenti fuori dalla norma, venivano considerate una “minaccia biologica”, cioè un rischio di contaminazione per la purezza della razza ariana: in primis gli omosessuali, ma poi anche tutti coloro che venivano bollati come portatori di "tare" umane. Vedere per credere.
- Se si naviga un po’ nel sito si scopre un altro crimine agghiacciante: lo sterminio dei bambini noto come il massacro di Bullenhuser Damm: bambini usati per pseudo-esperimenti sulla tubercolosi, che veniva loro inoculata deliberatamente (con conseguente successiva asportazione delle ghiandole ascellari) e poi impiccati “come quadri alle pareti”. Chissà se quei ragazzi, ora indagati da tre procure, per violenza privata in concorso, lo sapevano. Forse non glie ne importa nemmeno un po', ma sono queste le vere radici della violenza: l'affermazione violenta della propria identità attraverso la negazione dell'altro.
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