Commercianti, editori, proprietari di appartamenti, titolari di pubblici esercizi, imprenditori... Tutti pronti ad assumere "solo italiani", come emerge da un'inchiesta sugli annunci web della redazione milanese di repubblica.it (vedere qui per credere). E secondo una ricerca demoscopica di Demos & Pi per Fondazione Unipolis alla domanda "Gli immigrati sono una minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza delle persone?" il 37,4% si dichiara d'accordo (era però il 50,7% nei primi mesi del 2008). Si dirà: ognuno ha il diritto di affittare la propria a casa a chi vuole e di assumere chi gli pare. A parte l'ovvia obiezione di discriminazione, in realtà il famoso diritto di essere padrono a casa (o in azienda) propria nasconde un altro interesse, evidenziato dall'inchiesta: poiché nell'offerta di lavoro o di alloggio era richiesto esplicitamente "solo italiani", nel caso in cui il locatario o il datore di lavoro "per gentile concessione" assuma o affitti a uno straniero, la paga e l'affitto vengono calcolati di conseguenza "proprio perché non sono razzista e ti voglio venire incontro". Insomma, un bel trucco per sfruttare i disperati alla ricerca di un tetto sulla testa e di un lavoro per mangiare: dall'inchiesta si apprende infatti che "scrivendo 'solo italiani', il datore lancia un messaggio allo straniero: per avere il posto, devi accettare di essere pagato meno. I casi raccolti da Cgil sono da incubo: lavapiatti cinesi full-time a 500 euro al mese, camerieri nordafricani a 600 euro, commesse moldave che in negozi di abbigliamento guadagnano 750 euro anziché i 1.000 previsti. "Nel caso delle moldave — dice Crippa [responsabile Cgil milanese]— l’annuncio era chiaro: non volevano stranieri. Quindi, facendole lavorare, l’azienda ha fatto loro un favore".
Eppure non sono lontani i tempi in cui in Svizzera fuori dai locali appendevano cartelli (come si ricorderà dal post di Condizioni Umane sulla storia di Alfredo Zardini) con scritto "Eintritt für Italiener verboten!" (ingresso vietato agli italiani), come si può vedere dalla foto qui a fianco, scattata nel 1958 a Saarbrucken, una città tedesca vicino a Strasburgo (© G. A. Stella). Oppure l'ancora più offensivo "Interdit au chiens et au italiens" in Belgio o in Svizzera, quando gli italiani giravano con la valigia di cartone. Il razzismo, come ho già scritto nel post sul nuovo libro di Stella, è un alibi, l'estremo rifugio del sordido interesse alla prepotenza, all'affermazione di sé: l'interesse a far prevalere i propri interessi. Chi tira le banane a Mario Balotelli o ad altri giocatori di colore non ha mai provato sulla sua pelle cosa significa essere discriminati, non ha mai messo piede in un altro paese in cui qualcuno è più bianco di lui, più puro e più a casa propria. E nessuno di loro, andando a lavorare, credo sia accaduto quel che accadde a Gallarate il 16 gennaio 2000 al piastrellista romeno Ion Cazacu, il quale aveva osato chiedere al suo "padroncino" di essere regolarizzato visto che era stato assunto in nero.
A chi ha paura dell'uomo nero, come certi bambini, raccomando di temere di più gli uomini astuti: "Apri gli occhi pupo, stai attento pupo, non temere l'uomo nero, non temere l'uomo lupo, non temere l'uomo cupo, temi solo l'uomo astuto" (Caparezza).
A chi ha paura dell'uomo nero, come certi bambini, raccomando di temere di più gli uomini astuti: "Apri gli occhi pupo, stai attento pupo, non temere l'uomo nero, non temere l'uomo lupo, non temere l'uomo cupo, temi solo l'uomo astuto" (Caparezza).
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