

Eppure non sono lontani i tempi in cui in Svizzera fuori dai locali appendevano cartelli (come si ricorderà dal post di Condizioni Umane sulla storia di Alfredo Zardini) con scritto "Eintritt für Italiener verboten!" (ingresso vietato agli italiani), come si può vedere dalla foto qui a fianco, scattata nel 1958 a Saarbrucken, una città tedesca vicino a Strasburgo (© G. A. Stella). Oppure l'ancora più offensivo "Interdit au chiens et au italiens" in Belgio o in Svizzera, quando gli italiani giravano con la valigia di cartone. Il razzismo, come ho già scritto nel post sul nuovo libro di Stella, è un alibi, l'estremo rifugio del sordido interesse alla prepotenza, all'affermazione di sé: l'interesse a far prevalere i propri interessi. Chi tira le banane a Mario Balotelli o ad altri giocatori di colore non ha mai provato sulla sua pelle cosa significa essere discriminati, non ha mai messo piede in un altro paese in cui qualcuno è più bianco di lui, più puro e più a casa propria. E nessuno di loro, andando a lavorare, credo sia accaduto quel che accadde a Gallarate il 16 gennaio 2000 al piastrellista romeno Ion Cazacu, il quale aveva osato chiedere al suo "padroncino" di essere regolarizzato visto che era stato assunto in nero.
A chi ha paura dell'uomo nero, come certi bambini, raccomando di temere di più gli uomini astuti: "Apri gli occhi pupo, stai attento pupo, non temere l'uomo nero, non temere l'uomo lupo, non temere l'uomo cupo, temi solo l'uomo astuto" (Caparezza).
A chi ha paura dell'uomo nero, come certi bambini, raccomando di temere di più gli uomini astuti: "Apri gli occhi pupo, stai attento pupo, non temere l'uomo nero, non temere l'uomo lupo, non temere l'uomo cupo, temi solo l'uomo astuto" (Caparezza).
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