In occasione della Giornata della Memoria il Museo Ebraico di Bologna (come già il Museo ebraico Carlo e Vera Wagner di Trieste) dedica una mostra realizzata dallo Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto di Gerusalemme, al Codice d'onore albanese, il "Besa", in ricordo degli albanesi che salvarono migliaia di ebrei dalla Shoah.
Nei rispettivi siti dei musei è presente un'interessante ricostruzione di questa vicenda, davvero poco nota ai più e che merita di essere conosciuta. In Albania, paese a stragrande maggioranza musulmana, vivevano infatti appena qualche centinaio di ebrei su circa 800mila abitanti. Ma dopo il 1933, anno dell'ascesa di Hitler al cancellierato in Germania, l'Albania diede ospitalità e protezione a un migliaio di profughi ebrei provenienti non solo dalla Germania, ma anche dai paesi che stavano subendo o stavano per subire l'invasione delle truppe tedesche (Austria, Serbia, Grecia), mentre ovunque negli altri paesi europei si applicavano leggi razziali con la complicità o semplicemente nel silenzio della maggioranza dei cittadini.
L'Albania invece accolse i richiedenti asilo e si rifiutò di consegnare ai nazi-fascisti gli elenchi con i nomi degli ebrei che vivevano nel paese. Non solo, ma molte agenzie governative assicurarono a molti ebrei rifugiati documenti falsi che permisero loro di "mimetizzarsi" fra la popolazione albanese. Va ricordato che l'Albania dal 1939 era sotto l'occupazione italiana e che nel 1938 in Italia - e quindi anche in tutti i territori del suo "impero" - erano entrate in vigore le leggi razziali fasciste. Quindi essere cittadino albanese ed ebreo significava la deportazione nei campi di sterminio nazisti.
"Besa", si legge nella presentazione della mostra bolognese, "è una nobile promessa morale vincolata da scelte basate su un alto senso dell'onore e della giustizia umana. È un concetto che si stabilisce sull'antico codice albanese della virtù che impegna ogni albanese a prestare aiuto a chiunque si trovi in situazioni di necessità a prescindere dal suo status culturale, religioso, etnico, sociale, di età, ecc.". Come ha detto il figlio della famiglia albanese Vasheli, onorata dallo Yad Vashem del titolo di Giusti fra le nazioni per aver salvato molti ebrei, “la nostra casa è prima la casa di Dio, poi la casa dell’ospite, infine la casa della famiglia. Il Corano ci insegna che tutte le persone – ebrei, cristiani, musulmani – sono sotto un solo Dio”.
"Il concetto stesso di “Besa” - si legge ancora nel sito - non ha molto a che fare con la religione in sé poiché le virtù del coraggio, della compassione, dell’onore, della tolleranza e del sacrificio, che caratterizzano il codice d’onore albanese, in realtà sono all’origine dei valori caratteristici della storia di tutti gli albanesi. 'Besa' è radicato nel codice di comportamento albanese detto Kanun, un insieme di norme che sono state codificate per la prima volta dal principe Leke Dukagjini, intorno alla fine del XV secolo. Dukagjini era un amico e compagno di lotta del grande eroe albanese Gjergij Kastrioti detto 'Skanderberg' [in italiano noto come Giorgio Castriota Scanderberg] che combattè fieramente fino al 1468 per difendere l'Albania e l'Europa dall'invasione dei Turchi Ottomani".
L'Albania invece accolse i richiedenti asilo e si rifiutò di consegnare ai nazi-fascisti gli elenchi con i nomi degli ebrei che vivevano nel paese. Non solo, ma molte agenzie governative assicurarono a molti ebrei rifugiati documenti falsi che permisero loro di "mimetizzarsi" fra la popolazione albanese. Va ricordato che l'Albania dal 1939 era sotto l'occupazione italiana e che nel 1938 in Italia - e quindi anche in tutti i territori del suo "impero" - erano entrate in vigore le leggi razziali fasciste. Quindi essere cittadino albanese ed ebreo significava la deportazione nei campi di sterminio nazisti.
"Besa", si legge nella presentazione della mostra bolognese, "è una nobile promessa morale vincolata da scelte basate su un alto senso dell'onore e della giustizia umana. È un concetto che si stabilisce sull'antico codice albanese della virtù che impegna ogni albanese a prestare aiuto a chiunque si trovi in situazioni di necessità a prescindere dal suo status culturale, religioso, etnico, sociale, di età, ecc.". Come ha detto il figlio della famiglia albanese Vasheli, onorata dallo Yad Vashem del titolo di Giusti fra le nazioni per aver salvato molti ebrei, “la nostra casa è prima la casa di Dio, poi la casa dell’ospite, infine la casa della famiglia. Il Corano ci insegna che tutte le persone – ebrei, cristiani, musulmani – sono sotto un solo Dio”.
"Il concetto stesso di “Besa” - si legge ancora nel sito - non ha molto a che fare con la religione in sé poiché le virtù del coraggio, della compassione, dell’onore, della tolleranza e del sacrificio, che caratterizzano il codice d’onore albanese, in realtà sono all’origine dei valori caratteristici della storia di tutti gli albanesi. 'Besa' è radicato nel codice di comportamento albanese detto Kanun, un insieme di norme che sono state codificate per la prima volta dal principe Leke Dukagjini, intorno alla fine del XV secolo. Dukagjini era un amico e compagno di lotta del grande eroe albanese Gjergij Kastrioti detto 'Skanderberg' [in italiano noto come Giorgio Castriota Scanderberg] che combattè fieramente fino al 1468 per difendere l'Albania e l'Europa dall'invasione dei Turchi Ottomani".