28 febbraio 2009

L'Onda

Nel 1967 un professore di storia libertario, pacifista e antimilitarista di un liceo a Palo Alto (California) cercò di svolgere un esperimento educativo per spiegare in modo non libresco la nascita dei regimi totalitari, in particolare del fascismo. A tal scopo introdusse un simbolo (un'onda rossa stilizzata), il saluto, un motto, stemmi, bandiere, regole e punizioni per chi non le rispettava, distribuendo compiti e ruoli ben definiti. Questo esperimento era insomma una sorta di role-play, una drammatizzazione, che prevedeva l'immedesimazione dei partecipanti e a tal fine previde tutta una serie di rituali che i soldati conoscono bene e che servono a sviluppare il senso di appartenenza, la disciplina, il rispetto delle regole, la rigida divisione dei ruoli, la leadership. Insomma, il professor Ron Jones (questo il suo nome) tentò un esperimento di psicologia sociale in piena regola che riuscì a captare, come ha detto l'ex professore in un'intervista, "il senso dell'esuberanza dei giovani, la loro voglia di essere parte di una comunità e agire per cambiare le cose". Questo tanto per ricordarci che il fascismo/nazismo è una realtà molto vicina e non un tragico incidente del passato, data la nostra natura gregaria e il senso di insicurezza che la società di massa suscita in noi (Hannah Arendt docet). L'esperimento ricorda molto da vicino, inoltre, quello dello psicologo Stanley Milgram sull'obbedienza all'autorità (1962): una volta che si sia attribuita autorità e quindi potere a una certa fonte, si tende a conformarsi alle richieste che provengono da essa, anche se questo comporta fare del male agli altri. Insomma, il male è il conformismo, come emerge anche dalla vicenda del prof. Jones (il quale, diciamolo chiaramente, esagerò davvero con il suo esperimento educativo, omettendo quello che un educatore deve sempre ricordarsi: far riflettere criticamente i suoi allievi sulle esperienze educative proposte).
Un'altra spiegazione è quella di Erich Fromm in Fuga dalla libertà (1941): la gente nelle attuali condizioni di vita ha paura della libertà, di essere autonoma, di dover fare delle scelte, di prendersi determinate responsabilità. La conseguenza è che si cercano scorciatoie ideologiche, semplificazioni cognitive, ancoraggi emotivi. Ci si affida al leader carismatico, ci si identifica totalmente con il gruppo (vedi i recenti episodi di Verona, dall'assassinio di Nicola Tommasoli al pestaggio in centro storico), ci si appiattisce nella routine e negli stereotipi e quindi nei pregiudizi (biases). Questo porta dritto all'intolleranza, al fanatismo e al fascismo.
Oggi quella drammatica esperienza è diventata un film, L'Onda (Die Welle), del regista tedesco Dennis Gansel, che ha riambientato in Germania la vicenda, attualizzandola e drammatizzandola ulteriormente (con esiti cinematografici un po' discontinui). L'esperimento costò caro al professore, che fu licenziato e inibito a vita dall'insegnamento nelle scuole pubbliche americane. Collaborò tuttavia con Philip Zimbardo, il noto autore dello "Stanford Prison Experiment" (qui link al documentario originale).
Ci si deve chiedere, però: ma davvero è così facile far diventare tutti dei nazisti in pectore? Basta un professore che ci sa fare? E davvero i giovani si sottomettono così facilmente al potere e stanno ad ascoltare le proposte di un loro professore (per giunta "alternativo")? Sembra che il totalitarismo abbia bisogno solo di un capetto e non di un tessuto sociale, di premesse culturali, storiche, economiche. La complessità storica diventa un gioco di ruolo, un videogame, un meccanismo a stimolo/risposta, una semplificazione dilettantesca. E questo, se non è totalitario, è - quanto meno - semplicemente stupido.

11 febbraio 2009

Non gridate più (Per Eluana Englaro)

Cessate d’uccidere i morti,
non gridate più, non gridate,
se li volete ancora udire,
se sperate di non perire.

Hanno l’impercettibile sussurro,
non fanno più rumore
del crescere dell’erba,
lieta dove non passa l’uomo.

GIUSEPPE UNGARETTI, da Il dolore (1947)


10 febbraio 2009

Background culturale

"La vita passata dell’emigrante è, come noto, annullata. Una volta era il mandato di cattura, oggi, invece, è l’esperienza intellettuale che viene dichiarata non trasferibile e totalmente estranea al carattere nazionale. Ciò che non è reificato, che non si presta ad essere contato e misurato, viene lasciato cadere. Ma, come se non bastasse, la reificazione si estende anche a ciò che le si oppone, alla vita che non è immediatamente attualizzabile, a tutto ciò che sopravvive solo nel pensiero e nel ricordo. 

Per questa classe di elementi hanno inventato una rubrica apposita, che prende il nome di background e che figura come appendice nei questionari, dopo il sesso, l’età e la professione. La vita offesa e violentata subisce ancora l’ultima onta di essere trascinata, come una preda, sull’automobile di trionfo degli statistici uniti, e non c’è più nemmeno il passato che possa sentirsi al sicuro dal presente, che torna a votarlo all’oblio nell’atto in cui lo rammemora."

 THEODOR W. ADORNO, Minima moralia. Meditazioni della vita offesa, Torino, Einaudi, 1979, § 25 ("Di loro non resterà memoria")

08 febbraio 2009

La gita di classe? Facciamola a Lampedusa

Tra le poche notizie positive uscite nei giorni scorsi dai palazzi romani, e passate come d’abitudine quasi inosservate, c’è l’intesa tra i ministri dell’Istruzione e dei Beni Culturali Mariastella Gelmini e Sandro Bondi per scoraggiare i viaggi all’estero delle scolaresche italiane. Il programma «Alla scoperta del tuo Paese», che durerà due anni e coinvolgerà 500 istituti, mira non solo a promuovere la conoscenza del territorio nazionale in vista del 150mo anniversario dell’Unità ma anche a combattere un certo andazzo spensieratamente vacanziero diffuso in questi anni nelle scuole della Repubblica. Quelli che vengono spacciati come «viaggi di istruzione» a Barcellona o a Berlino (due tra le mete più gettonate) sono di fatto degli ottimi pretesti per bigiare tutti insieme, professori e studenti, una settimana o più di lezioni e andare a bighellonare in una capitale straniera. Qualche ora di sbadigli alla Sagrada Familia o alla Gemäldegalerie, un po’ di foto col telefonino, poi di corsa nella prima birreria o in qualche Tapas Bar. Per tacere delle notti brave in albergo, con annessi spinelli e video osé. Voli low cost e pacchetti all inclusive rendono popolari queste transumanze presso le famiglie, ben felici di liberarsi per un po’ dell’ingombrante presenza di adolescenti ipodizzati e scarsamente interattivi.
Il programma ministeriale prevede pure un concorso aperto a scuole medie e licei, che dovranno gemellarsi per proporre idee originali di viaggi d’istruzione (non di distruzione né di distrazione), rigorosamente entro i confini patrii. Attendiamo fiduciosi gli esiti del concorso. Purché l’originalità non consista nel mandare i ragazzi a Firenze coll’insegnante di ginnastica, che non sa neppure chi era Brunelleschi.
Se fossi nei panni dei professori suggerirei una destinazione insolita, lontana dalle rotte più battute: la bella isola di Lampedusa, ultimamente frequentata da una specie particolare di crocieristi provenienti dall’altra sponda del Mediterraneo. Laggiù, senza bisogno di passare la frontiera, ma restando in terra italiana, gli studenti potranno vedere un po’ di mondo, capire le conseguenze della globalizzazione e imparare due concetti fondamentali delle democrazie liberali: il dovere di accoglienza verso lo straniero e il valore della vita umana. Non la vita vegetativa, ma quella piena e cosciente di chi lotta per sopravvivere e spesso viene buttato a mare senza che a nessuno venga in mente di salvarlo con un decreto. Peggio, rischiando di essere denunciato come clandestino dai medici del pronto soccorso.