27 settembre 2010

Laboratorio sociologico, 1: Saint-Simon

Con questo post inizia il laboratorio sociologico nella classe 3Bp, con l'obiettivo di discutere i testi e gli argomenti principali che incontreremo nel corso di sociologia e di avviare uno studio più attivo e meno pedantesco di questa affascinante materia.
Il testo che segue è dell'autore da studiare per oggi, ovvero Claude-Henri de Rouvroy, conte di Saint-Simon, singolare ed eccentrica figura di precursore del positivismo, del funzionalismo e, notoriamente, del socialismo utopistico.
Il manuale in uso afferma che "Saint-Simon ha una concezione organicistica, basata sull'analogia con gli organismi viventi. La società non è un semplice aggregato di esseri viventi, che agiscono ognuno per proprio conto, ma una vera e propria macchina organizzata, le cui parti contribuiscono ciascuna a suo modo al funzionamento dell'insieme" (Sociologia oggi, p. 138).
Vediamo allora un po' meglio in che cosa consiste questa "concezione organicistica" di Saint-Simon e che cosa comporta concretamente. Penso sia utile leggere un estratto da "L'organisateur" (L'organizzatore), una serie di fascicoli scritti tra il 1819 e il 1820 in cui Saint-Simon si rivolge direttamente al suo pubblico. Il sociologo A. Accornero ha scritto che "la società industriale nasce davvero con questo orgoglioso libello, che è l'apoteosi del fare, del produrre, dell'utilità, del valore e di tutti coloro che "costituiscono veramente il fiore della società"".

Da "L’Organisateur" di Claude-Henri de Saint-Simon

"Supponiamo che all'improvviso la Francia perda i suoi cinquanta migliori fisici, chimici, fisiologi, matematici, poeti, pittori, scultori, musicisti, letterati; i suoi cinquanta migliori meccanici, ingegneri civili e militari, artiglieri, architetti, medici, chirurghi, farmacisti, marinai, orologiai; i suoi cinquanta migliori banchieri, i suoi duecento migliori negozianti, i suoi seicento migliori coltivatori, i suoi cinquanta migliori fabbri ferrai, armaioli, conciatori, tintori, minatori, fabbricanti di panni, di cotoni, di sete, di tele, di chincaglierie, di ceramiche e porcellane, di cristalli e di vetri, i suoi cinquanta migliori armatori, le sue cinquanta migliori agenzie di trasporti, i suoi cinquanta migliori tipografi, incisori, orafi e altri specialisti nella lavorazione dei metalli; i suoi cinquanta migliori muratori, carpentieri, falegnami, maniscalchi, serraturai, coltellinai, fonditori, e le centinaia di altre persone di condizioni diverse, le più abili nelle scienze, nelle belle arti, nelle arti e mestieri che sommati assieme formano i tremila migliori scienziati, artisti e artigiani di Francia.
Poiché questi uomini sono fra tutti i Francesi i produttori più essenziali, coloro che forniscono i prodotti più importanti, coloro che dirigono i lavori più utili alla nazione, e che la rendono produttiva nelle scienze, nelle belle arti, nelle arti e mestieri, costoro costituiscono veramente il fiore della società francese; sono i Francesi più utili al loro paese, al quale procurano maggiori glorie, permettono di avanzare con maggiore rapidità sulla via della civiltà e della prosperità; nel momento stesso in cui dovesse perderli, la nazione diventerebbe un corpo senz'anima; cadrebbe immediatamente in uno stato d'inferiorità nei confronti delle nazioni con le quali oggi rivaleggia, e rimarrebbe loro inferiore sino a che non avesse posto riparo a questa perdita, fino a che una nuova testa non le fosse ricresciuta.
Per rifarsi da una disgrazia simile la Francia avrebbe bisogno per lo meno di una intera generazione, poiché gli individui capaci di distinguersi nei lavori di una utilità positiva sono vere e proprie eccezioni, e la natura non è affatto prodiga di eccezioni, soprattutto poi di questo tipo. Ed ora facciamo un altra ipotesi.
Ammettiamo che la Francia conservi tutti gli uomini di genio che possiede nel campo delle scienze, delle belle arti, delle arti e mestieri, ma abbia la sfortuna di perdere nello stesso giorno, Monsieur il fratello del Re, il duca d'Angouleme, il duca di Berry, il duca d'Orléans, il duca di Borbone, la duchessa d'Angouleme, la duchessa di Berry, la duchessa d'Orléans, la duchessa di Borbone, nonché Madamigella di Condé. E contemporaneamente perda tutti i grandi ufficiali della corona, tutti i ministri di Stato (con o senza portafoglio), tutti i consiglieri di Stato, tutti i dignitari, tutti i suoi marescialli, tutti i suoi cardinali, arcivescovi, vescovi, grandi vicari e canonici, tutti i prefetti, i sottoprefetti, gli impiegati nei ministeri, i giudici, e inoltre i diecimila più ricchi proprietari fra coloro che vivono come i nobili.
Questo fatto affliggerebbe certamente i Francesi che sono gente di buon cuore, incapaci di assistere con indifferenza alla scomparsa improvvisa di un numero così grande di loro compatrioti. Ma questa perdita di tremila personaggi, ritenuti i più importanti dello Stato, procurerebbe loro un dolore di carattere puramente sentimentale, non risultandone infatti alcun danno politico per lo Stato. Per prima cosa, infatti, sarebbe facilissimo occupare i posti divenuti vacanti; molti Francesi sarebbero in grado di esercitare le funzioni del fratello del Re altrettanto bene di Monsieur; molti sarebbero in grado di occupare il posto di principe con altrettanta dignità del duca di Berry, del duca d'Orléans, del duca di Borbone; e molte Francesi sarebbero ottime principesse, né più né meno che la duchessa d'Angouleme, la duchessa di Berry, Madame d'Orléans, di Borbone, di Condé.
Le anticamere del palazzo reale sono piene di cortigiani pronti a occupare i posti di grandi ufficiali della corona; nelle file dell'esercito militano moltissimi ufficiali altrettanto capaci nel comando dei nostri marescialli attuali.
E quanti impiegati valgono i nostri ministri di Stato! Quanti amministratori sono in grado di gestire gli affari dei dipartimenti molto meglio dei prefetti e sottoprefetti oggi in carica!
Quanti avvocati, buoni giuristi come i nostri giudici! Quanti parroci hanno le medesime capacità dei nostri cardinali, arcivescovi, vescovi, grandi vicari, canonici!
Quanto poi ai diecimila proprietari che vivono come i nobili, i loro eredi non avranno certo bisogno di un lungo apprendistato per emularli nell'arte di fare gli onori di casa. Solo i progressi delle scienze, delle belle arti e delle arti e mestieri possono assicurare la prosperità della Francia; ora i prìncipi, i grandi ufficiali della corona, i vescovi, i marescialli di Francia, i prefetti e i proprietari oziosi non lavorano affatto al progresso delle scienze, delle belle arti, delle arti e mestieri; lungi dal contribuirvi non possono che nuocere ad esso, giacché fanno di tutto per prolungare il predominio sinora esercitato dalle teorie congetturali sulle scienze positive; essi nuocciono necessariamente alla prosperità della nazione privando, come stanno facendo, del più alto grado di considerazione che loro compete legittimamente, gli scienziati, gli artisti, gli artigiani; essi vi nuocciono poiché impiegano i loro patrimoni in modi non direttamente utili alle scienze, alle belle arti, alle arti e mestieri; vi nuocciono poiché prelevano ogni anno sulle imposte pagate dalla nazione una somma da tre a quattrocento milioni, sotto forma di stipendi, pensioni, gratifiche, indennità, ecc., a titolo di compenso delle loro attività del tutto inutili alla nazione.
Queste ipotesi mettono in evidenza il fatto più importante della politica attuale, e consentono di coglierlo con un solo colpo d'occhio in tutta la sua estensione; esse dimostrano chiaramente, sia pure in forma indiretta, quanto poco perfezionata sia l'organizzazione sociale; come gli uomini si lascino ancora dominare dalla violenza e dall'astuzia, e come la specie umana (politicamente parlando) sia tuttora immersa nell'immoralità.
Poiché gli scienziati, gli artisti e gli artigiani, i soli dalla cui opera la società trae un'utilità positiva, e che non le costano quasi nulla, si trovano in posizione subalterna rispetto ai prìncipi e agli altri governanti, i quali per parte loro non fanno che uniformarsi, con maggiore o minore incapacità, alle consuetudini.
Poiché i dispensatori degli onori e delle altre ricompense nazionali devono generalmente la loro posizione di predominio soltanto al caso della nascita, alle lusinghe, all'intrigo e ad altre azioni poco stimabili. Poiché coloro cui compete l'amministrazione dei pubblici affari spartiscono fra di loro ogni anno la metà del gettito delle imposte, e non impiegano nemmeno un terzo dei contributi, di cui non si sono impadroniti personalmente, in cose utili agli amministrati. Queste ipotesi dimostrano come l'attuale società sia veramente il mondo alla rovescia. Poiché la nazione ha accolto come principio fondamentale quello che stabilisce che i poveri debbono dimostrarsi generosi nei confronti dei ricchi, e quindi le classi meno agiate rinunciano tutti i giorni a una parte del necessario per accrescere il superfluo dei grandi proprietari. Poiché i maggiori colpevoli, i ladri in generale, coloro i quali spremono tutti i cittadini e li derubano ogni anno di tre o quattrocento milioni, hanno poi il compito di punire i delitti minori contro la società. Poiché l'ignoranza, la superstizione, la pigrizia, l'amore dei piaceri costosi sono l'appannaggio dei capi supremi della società, e gli individui capaci, risparmiatori, operosi vengono impiegati soltanto in funzioni subalterne, come semplici strumenti.
Poiché in ogni tipo di attività, in una parola, sono gli uomini incapaci ad essere incaricati di dare ordini a quelli capaci; dal punto di vista morale, a quelli più immorali viene richiesto di educare i cittadini alla virtù; e da quello della giustizia distributiva, ai grandi rei viene affidata la massima autorità per punire le colpe dei delinquenti minori.
Sebbene questo estratto sia assai breve, ci sembra di aver sufficientemente dimostrato che il corpo politico era ammalato; che la sua malattia era grave e pericolosa; che esso non poteva contrarne di peggiore, dal momento che ne era colpito contemporaneamente nelle sue parti e nell'insieme".

Letto tutto con attenzione? Bene, adesso comincia il vostro confronto critico, che consiste:
- nel valutare la proposta sociale di Saint-Simon (è sensata? è fattibile? è attuale?)
- nel rapportarla alla situazione presente (è giusto che chi lavora e produce abbia più peso di chi è "improduttivo"? come viene valutata qui la "produttività" di una categoria sociale? che cosa facciamo di chi viene valutato "incapace"?)
- nella considerazione critica di questa proposta di organizzazione sociale, formulando un giudizio sensato su di essa (motivando l'accordo o il disaccordo, evitando valutazioni meramente soggettive del tipo "mi piace/non mi piace"): per un paese è peggio perdere tutti suoi scienziati e i suoi imprenditori o tutti i suoi uomini politici e di Chiesa?

Postate poi il vostro commento (con nome e cognome, per favore, non si accettano commenti anonimi!) cliccando su "commenti" in fondo al post ("Scegli un'identità" --> selezionare "Nome/URL" --> scrivere nome e cognome: quando siete sicuri, confermate cliccando su "Pubblica post"). Se avrete eseguito correttamente l'operazione leggerete un messaggio che vi dice che il vostro commento è stato pubblicato e che resta in attesa di approvazione del proprietario (che sarei io) del blog. Dopo averli approvati (non pubblico post sciocchi o volgari), leggerò quindi i vostri commenti e inserirò anche qualche osservazione, a cui voi potrete replicare, se lo riterrete opportuno.

Buon lavoro.
Alessandro Bellan

26 commenti:

Torresan Antonio ha detto...

Il testo propostomi ad opera di Claude-Henri de Saint-Simon mette in chiara evidenza aspetti positivi e negativi dei cambiamenti che avverebbero se si adempiessero le due ipotesi descritte in questo manuale. Esso afferma che Saint-Simon ha una concezione organicistica basata sull'analogia con gli organismi viventi. La sociètà non è un semplice aggregato di esseri viventi, che agiscono ognuno per proprio conto, ma una vera e propria macchina organizzata, le cui parti contribuiscono ciascuna a modo suo al funzionamento dell'insieme. Però c'è una contradizione tra quello che afferma il manuale e quello che esprime Saint-Simon, poichè il percursore del positivismo ci invita a riflettere su due problemi esistenziali. Il primo è quello della perdita di coloro che producono, che mandano avanti il paese e che senza di loro le nazioni cesserebbero di "vivere". Sant-Simon si sofferma per darci un'idea di quanto sia difficile ricercare al giono d'oggi persone con l'obbiettivo di essere utili, poichè non se ne vedono. Il secondo problema è quello che mi colpisce maggiormante poichè l'autore "calca la mano" su coloro che "rovinerebbero" il paese e senza dei quali si andrebbe avanti lo stesso, anzi si starebbe meglio. Io non la penso così o per lo meno sono in parte in disaccordo perche è vero che quelle persone che producono sono indispensabili al paese ma è anche vero che quei soggetti che noi valutiamo incapaci e che purtroppo sono molti, che pensano per la maggior parte ai lori scopi e a non salvaguardare lo stato ci sono utili. Penso quindi che si abbia bisogno l'uno dell'altro poichè senza coloro che producono le attività cesserebbero automaticamente fermando tutto il progresso e senza coloro che ci "rappresentano", che ci difendono e che salvaguardano la nostra libertà attraverso delle leggi,il paese non andrebbe più avanti poichè non siamo in grado di darci da soli una tutela sui vari ambiti.

TORRESAN ANTONIO CLASSE 3^BP

Alessandro Bellan ha detto...

Complimenti Antonio, hai bruciato tutti sul tempo: il primo commento del laboratorio sociologico è tuo!
Sostanzialmente mi pare che il tuo sia un giudizio piuttosto critico, ovvero che la proposta sociologica di Saint-Simon non sia molto attualizzabile né attuale, perché trascura il problema della rappresentanza e della "produzione legislativa" (anche chi fa le leggi è un "organizzatore" e quindi un "industriale" nel senso saint-simoniano). Il fatto è che Saint-Simon propone questa riorganizzazione della società proprio abolendo il "potere", il quale è frutto - secondo lui - di uno "sfruttamento" dei ceti improduttivi (politici, clero, burocrati, esercito, magistrature, polizia) nei confronti dei ceti produttivi. Abolendo quei ceti, si abolisce anche il "bisogno" di potere. Se parliamo di "società industriale" dobbiamo dare il potere agli "industriali", cioè a chi lavora e produce. Ma chi amministra coloro che lavorano e producono?

FEDERICA PASQUALIN ha detto...

Questo testo ad opera di Claude-Henri conte di Saint-Simon mi fa riflettere su due punti.Il manuale in uso afferma che "Saint-Simon ha una concezione organicistica, basata sull'analogia con gli organismi viventi. La società non è un semplice aggregato di esseri viventi, che agiscono ognuno per proprio conto, ma una vera e propria macchina organizzata, le cui parti contribuiscono ciascuna a suo modo al funzionamento dell'insieme.
Un'intera società formata da vari aggregati contribuisce a formare una nazione e un livello di ricchezza molto alto, senza di loro una società decadrebbe e andrebbe in rovina.Ogni parte della nazione quindi contribuisce a modo suo al funzionamento della nazione.Senza tutto ciò non esisterebbe una società ben definita.
Claude-Henri proporrebbe una vita senza politici perchè crede siano persone inutili in una società.Per me invece,non è cosi poichè sembrerebbero inutili, ma ci servono come rappresentanti,salvaguardano la nostra libertà attraverso le leggi e noi soli non riusciremmo a darci una tutela sui vari ambiti e un'organizzazione quasi funzionante.
Quindi questo sistema non è apportabile nella società moderna poichè chi lavora e produce ha più peso di persone "improduttive".

FEDERICA PASQUALIN ha detto...

Questo testo ad opera di Claude-Henri de Saint-Simon mi fa riflettere su due punti. Il manuale in uso afferma che "Saint-Simon ha una concezione organicistica, basata sull'analogia con gli organismi viventi. La società non è un semplice aggregato di esseri viventi, che agiscono ognuno per proprio conto, ma una vera e propria macchina organizzata, le cui parti contribuiscono ciascuna a suo modo al funzionamento dell'insieme.Queste persone contribuiscono quindi alla formazione di una nazione e allo sviluppo di una ricchezza.Senza di loro una società decadrebbe,andrebbe in rovina e cesserebbe di esistere.
Claude-Henri afferma inoltre che i politici sono figure inutili.Per me invece, i politici sembrano inutuli,ma senza di loro che ci rappresentano,che salvaguardano la nostra libertà con le leggi, una società non andrebbe avanti.Noi da soli non riusciremmo a darci una tutela sui vari ambiti e darci un'organizzazione quasi perfetta.
concludo dicendo che non sono d'accordo con sait-simond poichè il suo meccanismo non è attuabile nella società moderna.

Edoardo Ervas ha detto...

Saint-Simon è probabilmente la prima vittima del suo tempo. La staticità della società fino a quei giorni aveva fatto in modo che solo pochi potessero accedere al potere e, una volta acceduti, usufruirne.
Il feudalesimo, formalmente crollato con l’inizio dell’età comunale, aveva lasciato le sue tracce nella mentalità dell’epoca, infatti, a mio parere, sono distinguibili il feudalesimo inteso come organizzazione politica dal feudalesimo inteso come mentalità.
E’ appunto con la rivoluzione industriale che anche le ultime tracce di questa visone verticistica della società iniziarono a scomparire.
E’ in questo periodo (quello della rivoluzione industriale) che il contenitore, ormai colmo dei soprusi e delle ingiustizie sociali dovute alle disuguaglianze che la società aveva provocato fino a quel momento, si svuotò e furono proprio alcuni filosofi ed economisti a fungere da portavoci della “nuova” società.
La visione di Sant-Simon tocca punti ancor oggi discutibili e di grande attualità: dalla “fuga di cervelli” all’improduttività della classe dirigente.
Sant-Simon abbraccia la visione socialista parzialmente condivisa da Marx e si schiera dalla parte della forza lavoro, contro la politica del non fare e le effettive oligarchie che fino a quel momento avevano condotto l’intera umanità.
Questa teoria è in parte condivisibile ma bisogna porre l’attenzione su alcuni punti fondamentali.
La “fuga di cervelli”, un problema tutt’ora attuale e che riguarda in particolare l’Italia, è sottolineata da Sant-Simon come una grave lacuna che provocherà - se non nell’immediato - un decadimento dello stato. In effetti ancora oggi questo problema affligge i paesi che poco investono nella formazione e ricerca e che perdono importanti risorse, lo stesso Amartya Sen, economista indiano e premio nobel, pone l’attenzione sui due pilastri delle nuove società contemporanee: la ricerca e la sanità.
Ma se da un lato la mancanza di ricerca non può che provocare il sottosviluppo, dall’altro può la mancanza di una classe dirigente portare ad un miglioramento delle condizioni sociali?
La risposta che mi sento di dare è no. Almeno non in una società come la nostra. La mancanza di una classe politica e dirigente porterebbe all’anarchia e ad un’ulteriore disparità sociale.
La politica va intesa, e questo non è del tutto scontato, come il più nobile strumento per restringere quel divario sociale che caraterizzò per secoli e secoli il nostro mondo.
La perfetta integrazione che deve esistere tra società e politica è la strada che bisogna imboccare per uscire da un sistema in crisi e che si rifà a modelli sterli e superficiali.

Edoardo Ervas ha detto...

Ma se da un lato la mancanza di ricerca non può che provocare il sottosviluppo, dall’altro può la mancanza di una classe dirigente portare ad un miglioramento delle condizioni sociali?
La risposta che mi sento di dare è no. Almeno non in una società come la nostra. La mancanza di una classe politica e dirigente porterebbe all’anarchia e ad un’ulteriore disparità sociale.
La politica va intesa, e questo non è del tutto scontato, come il più nobile strumento per restringere quel divario sociale che caraterizzò per secoli e secoli il nostro mondo.
La perfetta integrazione che deve esistere tra società e politica è la strada che bisogna imboccare per uscire da un sistema in crisi e che si rifà a modelli sterli e superficiali.
Ecco che la limitante visione (per quanto riguarda la politica) di Sant-Simon si ferma su una reazione impulsiva dovuta alle condizioni sociali dell’epoca.
Analizzando il concetto di improduttività, bisogna saper distinguere le differenze di ruoli.
All’interno di uno stato esiste la “forza lavoro” cioè coloro che producono ricchezza, d’altro canto però esistono coloro che amministrano la ricchezza (i grandi imprenditori, lo stato…), la domanda a questo punto sorge spontanea: qual è la classe sociale più utile?
Non può esistere una classe sociale più utile perché all’interno di un meccanismo si è tutti coinvolti a farne parte. Un apparato (e qui mi rifaccio alla famosa visione organicistica) non è più apparato senza i suoi organi.
La coscienza civile (cioè l’insieme di pensieri, idee, valori a cui si rifà una collettività) dovrebbe vedere ognuno come parte fondamentale di un meccanismo. Tale meccanismo è progettato per funzionare bene in un determinato modo, ma se gli ingranaggi non si integrano quest’ultimo non svolgerà più bene le sue funzioni.
Sant-Simon divide gli improduttivi dai produttivi analizzando il loro immediato risvolto nella società.
Da un lato se un pittore dipinge, il suo immediato apporto alla società è dato dal suo contributo artistico. Se un assicuratore assicura i carichi navali, riesce a guadagnare bene ma allo stesso tempo a mettere in piedi un’economia di scambio (commercianti), di costruzione (carpentieri navali) ecc.
Dall’altro la classe dirigente (in una società ideale) deve garantire il funzionamento di tutto questo meccanismo. Tronando alla metafora si potrebbe dire che la politica è un po’ l’olio del meccanismo, permette cioè il funzionamento del complesso.
In conclusione alla teoria di Sant-Simon va attribuito un valore relativo che metta insieme tutta una serie di variabili necessarie per l’esatta comprensione del suo pensiero. Tra le tante variabili: le condizioni sociali (che riassumono un poi tutte le altre), culturali, storiche, economiche, politiche…ecc.
Neanche noi, cittadini del XXI secolo possiamo dare, secondo una mia personale opinione, un giudizio assoluto perché anche noi siamo immersi in un contesto particolare con situazioni particolari. Chissà come sarà vista la nostra società tra cento, mille anni?
Nel complesso credo che Sant-Simon diede un’importante svolta alla società dell’epoca, con idee rivoluzionarie che però tutt’ora vanno riviste, integrate o magari migliorate, perché anche noi siamo parte di un processo evolutivo e anche noi saremo gli artefici della società che ci sarà tra mille anni proprio come Sant-Simon lo è stato per la società attuale.

Edoardo Ervas ha detto...

I PARTE

Saint-Simon è probabilmente la prima vittima del suo tempo. La staticità della società fino a quei giorni aveva fatto in modo che solo pochi potessero accedere al potere e, una volta acceduti, usufruirne.
Il feudalesimo, formalmente crollato con l’inizio dell’età comunale, aveva lasciato le sue tracce nella mentalità dell’epoca, infatti, a mio parere, sono distinguibili il feudalesimo inteso come organizzazione politica dal feudalesimo inteso come mentalità.
E’ appunto con la rivoluzione industriale che anche le ultime tracce di questa visone verticistica della società iniziarono a scomparire.
E’ in questo periodo (quello della rivoluzione industriale) che il contenitore, ormai colmo dei soprusi e delle ingiustizie sociali dovute alle disuguaglianze che la società aveva provocato fino a quel momento, si svuotò e furono proprio alcuni filosofi ed economisti a fungere da portavoci
della “nuova” società.
La visione di Sant-Simon tocca punti ancor oggi discutibili e di grande attualità: dalla “fuga di cervelli” all’improduttività della classe dirigente.
Sant-Simon abbraccia la visione socialista parzialmente condivisa da Marx e si schiera dalla parte della forza lavoro, contro la politica del non fare e le effettive oligarchie che fino a quel momento avevano condotto l’intera umanità.
Questa teoria è in parte condivisibile ma bisogna porre l’attenzione su alcuni punti fondamentali.
La “fuga di cervelli”, un problema tutt’ora attuale e che riguarda in particolare l’Italia, è sottolineata da Sant-Simon come una grave lacuna che provocherà - se non nell’immediato - un decadimento dello stato. In effetti ancora oggi questo problema affligge i paesi che poco investono nella formazione e ricerca e che perdono importanti risorse, lo stesso Amartya Sen, economista indiano e premio nobel, pone l’attenzione sui due pilastri delle nuove società contemporanee: la ricerca e la sanità.
Ma se da un lato la mancanza di ricerca non può che provocare il sottosviluppo, dall’altro può la mancanza di una classe dirigente portare ad un miglioramento delle condizioni sociali?
La risposta che mi sento di dare è no. Almeno non in una società come la nostra. La mancanza di una classe politica e dirigente porterebbe all’anarchia e ad un’ulteriore disparità sociale.
La politica va intesa, e questo non è del tutto scontato, come il più nobile strumento per restringere quel divario sociale che caraterizzò per secoli e secoli il nostro mondo.
La perfetta integrazione che deve esistere tra società e politica è la strada che bisogna imboccare per uscire da un sistema in crisi e che si rifà a modelli sterli e superficiali.
Ecco che la limitante visione (per quanto riguarda la politica) di Sant-Simon si ferma su una reazione impulsiva dovuta alle condizioni sociali dell’epoca.
Analizzando il concetto di improduttività, bisogna saper distinguere le differenze di ruoli.
All’interno di uno stato esiste la “forza lavoro” cioè coloro che producono ricchezza, d’altro canto però esistono coloro che amministrano la ricchezza (i grandi imprenditori, lo stato…), la domanda a questo punto sorge spontanea: qual è la classe sociale più utile?

Edoardo Ervas ha detto...

II PARTE

Non può esistere una classe sociale più utile perché all’interno di un meccanismo si è tutti coinvolti a farne parte. Un apparato (e qui mi rifaccio alla famosa visione organicistica) non è più apparato senza i suoi organi.
La coscienza civile (cioè l’insieme di pensieri, idee, valori a cui si rifà una collettività) dovrebbe vedere ognuno come parte fondamentale di un meccanismo. Tale meccanismo è progettato per funzionare bene in un determinato modo, ma se gli ingranaggi non si integrano quest’ultimo non svolgerà più bene le sue funzioni.
Sant-Simon divide gli improduttivi dai produttivi analizzando il loro immediato risvolto nella società.
Da un lato se un pittore dipinge, il suo immediato apporto alla società è dato dal suo contributo artistico. Se un assicuratore assicura i carichi navali, riesce a guadagnare bene ma allo stesso tempo a mettere in piedi un’economia di scambio (commercianti), di costruzione (carpentieri navali) ecc.
Dall’altro la classe dirigente (in una società ideale) deve garantire il funzionamento di tutto questo meccanismo. Tronando alla metafora si potrebbe dire che la politica è un po’ l’olio del meccanismo, permette cioè il funzionamento del complesso.
In conclusione alla teoria di Sant-Simon va attribuito un valore relativo che metta insieme tutta una serie di variabili necessarie per l’esatta comprensione del suo pensiero. Tra le tante variabili: le condizioni sociali (che riassumono un poi tutte le altre), culturali, storiche, economiche, politiche…ecc.
Neanche noi, cittadini del XXI secolo possiamo dare, secondo una mia personale opinione, un giudizio assoluto perché anche noi siamo immersi in un contesto particolare con situazioni particolari. Chissà come sarà vista la nostra società tra cento, mille anni?
Nel complesso credo che Sant-Simon diede un’importante svolta alla società dell’epoca, con idee rivoluzionarie che però tutt’ora vanno riviste, integrate o magari migliorate, perché anche noi siamo parte di un processo evolutivo e anche noi saremo gli artefici della società che ci sarà tra mille anni proprio come Sant-Simon lo è stato per la società attuale.

NOEMI TINTINAGLIA ha detto...

Il precursore del positivismo, funzionalismo e del socialismo utopistico, Claudie-Henri di Sant Simon ci mette davanti a questo manuale che afferma che il sociologo ha una concezione organicistica, basata sull'analogia con gli organismi viventi.La società, secondo Claudie-Henri, non è un semplice aggregato di esseri viventi, che agiscono ognuno per proprio conto, ma è una macchina organizzata, le cui parti contribuiscono al suo funzionamento.
Analizza in particolar modo la società francese, invitandoci a riflettere su chi ''costituisce veramente il fiore della società''.Esso ci trasmette molto chiaramente la sua opinione, schierandosi dalla parte dei lavoratori: dice che senza chi produce, la società avrebbe fine, mentre senza il governo non ci sarebbero problemi,anzi, si progredirebbe molto di più.
Sono parzialmente d'accordo: senza scienziati, artigiani, fabbricanti, imprenditori, banchieri e tutta la popolazone produttrice, non ci sarebbe più vita e la società cadrebbe.Penso inoltre, concordando con lo scrittore, che non sarebbe facile sostituire tale gente perchè ormai il tasso di istruzione e di capacità che si richiedonop per svolgere un determinato lavoro sono altissime e le persone preparate e pronte per occuparlo sono pochissime. Mi domando anche però se un paese potrebbe durare senza un governo centrale, senza regole di vita e norme per sopravvivere l'uno con l'altro.Penso di no. Penso che entrambi, la popolazione lavoratrice e il governo, si debbano compensare a vicenda, ''sopportarsi'', perche la società ha bisogno di ambe due le parti per svilupparsi armoniosamente e vivere bene.

Ilaria Caruzzo ha detto...

Leggendo la scheda biografica di Saint-Simon, si intuisce chiaramente che nella sua vita ha preso delle decisioni molto forti e ben precise. Ostacolato molto dalla sua famiglia, addirittura da farlo rinchiudere in carcere, non ha mai smesso di portare avanti i suoi ideali e quello che pensava. Rinuncia perfino al suo titolo nobile cambiandosi il nome. Si schiera dalla parte del benessere collettivo bocciando e rinunciando l’interesse privato. La sua concezione della società è basata sul lavoro di tutti e non di una singola persona in modo da far si che tutti gli “ingranaggi della macchina umana” abbiano un ruolo da svolgere e portare a termine. A volte si dice che alcuni elementi sono più importanti di altri ma, secondo me, non è così infatti se ad esempio una persona (scienziato) inventa un oggetto, poi ci vogliono anche gli operai “addetti ai lavori” che realizzano il prodotto, per cui sono necessarie varie “teste” e varie “mani” per far funzionare il progetto. Questo esempio vale per tutti i campi come ad esempio quello della chiesa: il papa mette delle regole che poi verranno seguite dai suoi funzionari. Tutti non possono decidere tutto! Ci devono essere delle regole e ruoli ben precisi che devono essere seguiti per cui, in conclusione, sono d’accordo con quello che dice Saint Simon perché per far andare avanti una società abbiamo bisogno di tutti!

Beatrice Torresan ha detto...

Concordo parzialmente con il pensiero di Claude-Henry de Saint-Simon, perchè la società d'oggi è formata sia dalle persone che lavorano, producono e danno un contributo alla società come scienziati, artisti, poeti, artigiani ma anche dallo Stato e da tutte le autorità governative. Proviamo a pensare solo un attimo se un giorno, svegliandoci non ci fossero più gli operatori ecologici che tengono pulita e in ordine la nostra città, vivremmo nella sporcizia più totale. Se invece dovessero mancare i medici, chirurghi, infermieri, che ogni giorno salvano molte vite umane, le persone morirebbero anche per le più semplici malattie. Senza l'arte e la cultura, trasmesse da poeti, artisti, professori, vivremmo in un mondo piatto, privo di sentimenti, emozioni, istruzione, educazione e l'uomo sarebbe privato della scoperta di cose nuove, e senza di esse non potrebbe essere chiamato come tale. A differenza di altri esseri viventi, l'uomo è dotato di intelletto, e sarebbe un dono sprecato non utilizzandolo al meglio.
Come tutte queste professioni, portano arte, scienza, cultura nella nostra società, anche lo Stato e tutti gli enti governativi, hanno un peso.
Infatti, se un giorno, svegliandoci non esistessero più le leggi, il Parlamento, il Governo, il mondo cadrebbe nell'anarchia e nel caos più totale, prevarrebbe la "legge del più forte", sopravviverebbe solo chi sa comandare e farsi rispettare, mentre i più deboli, umili e poveri soccomberebbero a questa situazione. Quindi senza gli organi che emanano le leggi, non avremmo una Costituzione che tutela i nostri diritti come cittadini e l'uguaglianza tra le persone senza distinzione di sesso, cultura, religione, lingua, non ci sarebbe un codice della strada, che salvaguardi la sicurezza delle persone e la diminuzione degli incidenti.
Siccome viviamo in una società industrializzata, essa è composta sia da coloro che producono, lavorano, danno un grande contributo, si occupano di molte attività e aiutano la nazione a progredire, ma anche da coloro che emanano le leggi e amministrano la nostra società, perchè la verità è che i cittadini non sono in grado di autogovernarsi.
La società, cioè gli scienziati, gli artisti, gli operai, lo Stato, gli enti governativi e sopratutto le leggi, fanno di noi ciò che siamo. Questo mi fa capire che ogni persona da un contributo alla società, e ciascun individuo aiuta l'attività e il progresso, sia come nel caso del semplice operatore ecologico, come nel caso dell'affermato uomo politico, infatti entrambi sono indispensabili per far prevalere la giustizia e vivere in modo migliore.

BEATRICE TORRESAN 3^Bp

Laura Bianchin ha detto...

In questo testo di Saint- Simon egli esprime una visione sociale sensata ma di difficile realizzazione, considerando il periodo storico nel quale vive. Questa proposta è estremamente attuale, il che è uno dei punti di maggiore interesse di questo brano. All’interno dell’universo di Saint-Simon non è possibile dare più peso politico a quella parte del popolo considerata produttiva perché il fatto che questi smettano di lavorare per applicare il potere politico ottenuto è una contraddizione: infatti lo scrittore afferma che lo stato dovrebbe essere seguito da cittadini lavoratori al posto di politici, ma in questo modo i cittadini smetterebbero di lavorare per occuparsi dell’amministrazione dello stato. Nella mia opinione per quanto riguarda la questione degli “incapaci”, quindi improduttivi, bisogna comunque cercare di integrarli all’interno della società. Perciò analizzando la riflessione di Saint-Simon si giunge alla conclusione che per un paese è più conveniente perdere tutti i suoi uomini politici e di chiesa, piuttosto che cancellare le speranze di sviluppo perdendo tutti i migliori scienziati e tutti i migliori imprenditori.

Ylenia De Rosa ha detto...

Gli scritti di Saint-Simon mescolano spesso buone intuizioni e riflessioni lucide a slogan,appelli,cose dette per suggestionare e persuadere la gente. In questo testo Saint-Simon dice ciò che pensa e propone di cercare di dare più importanza agli scienziati e agli imprenditori, pensa che la società senza l'aspetto politico potrebbe funzionare comunque. Qualsiasi persona sarebbe in grado di esercitare le funzioni dello stato. All'inizio,leggendo ciò, ho iniziato a pensarla come lui perchè quante critiche,quanti litigi ci sono tra i vari componenti della politica?. Per non parlare dei soldi che prendono.Ma ragionando, poi mi sono chiesta : " E se non ci fossero questi elementi? Se la società non fosse amministrata da gente comunque competente? Noi cosa saremo? ". Quindi calma,magari ciò che dice in parte è vero,tanta importanza a chi magari non fa nulla o non aiuta a risolvere i problemi,ma è anche vero che se non ci fossero loro,se non fossero presenti queste piccole cariche forse,anzi, molto probabilmente, a quest'ora non saremo una vera società. Noi tutti abbiamo bisogno di leggi,di sanzioni,di giustizia,sono tutti elementi indispensabili per poter vivere bene e in armonia anche con gli altri.Proseguendo con il testo si può notare che Saint- Simon specifica e sottolinea il fatto che gli scienziati,artisti,artigiani, i soli dalla cui opera la società trae un'utilità positiva, e che non le costano quasi nulla, si trovano in posizione subalterne rispetto ai prìncipi e agli altri governanti. Ecco,io penso che qualsiasi persona, in qualsiasi ambito si trovi ( artigiano,commerciante... )abbia una propria qualità,sia importante sempre perchè , se pensiamo bene,nella nostra società abbiamo bisogno anche delle persone ritenute " povere" ,ogni uomo ,anche nel suo piccolo, può contribuire allo sviluppo,alla crescita della società. In più non è giusto che chi lavora e produce abbia più peso di chi è "improduttivo" . Non è cosa giusta che la nazione abbia accolto come principio fondamentale quello che stabilisce che i poveri debbano dimostrarsi generosi nei confronti dei ricchi, e quindi le classi meno agiate rinunciano tutti i giorni ad una parte del necessario per accrescere il superfluo dei grandi proprietari. Ogni cittadino è uguale ad un altro. Le persone sono tutte uguali e hanno tutte gli stessi diritti. Perchè le persone comunque capaci vengono impiegati soltanto in funzioni subalterne,come semplici strumenti? Non è giusto. Concludendo penso che un paese non debba perdere nè tutti i suoi scienziati e imprenditori , nè tutti i suoi uomini politici e di chiesa in quanto,ripeto, ogni carica,ogni persona è importante e fondamentale per lo sviluppo della società. Ognuno di noi dovrebbe cercare di dare il meglio di sè, di far emergere e far conoscere le proprie qualità. Purtroppo viviamo in un mondo in cui gli uomini sono " divisi gerarchicamente" , ebbene si, è brutto a dirsi ma la realtà è questa!Ci sono prima i ricchi, poi quelli acculturati e mano mano in decrescenza. Perciò ritengo giusto ciò che Saint-Simon dice, non dedicare troppo spazio alle grandi figure, ma dare importanza a tutti !

Alessandro Bellan ha detto...

Mi pare che la proposta di riorganizzazione sociale di Saint-Simon non convinca più di tanto: non sembra realizzabile - perché il potere politico-burocratico è comunque più forte del potere tecnico-produttivo - né auspicabile, dato che la società avrà sempre bisogno di specialisti della politica e dell'amministrazione.
Mi pare però che sia stata un po' sottovalutata la forza retorica di questo testo, peraltro molto migliore di certi appelli reiterati al merito. Inoltre va notato che Saint-Simon intendeva condannare soprattutto il modo in cui politici, politicanti, aristocratici, burocrati e clero hanno guadagnato la rispettiva posizione sociale grazie "al caso della nascita, alle lusinghe, all'intrigo e ad altre azioni poco stimabili". Non va dimenticato che Saint-Simon è uno dei massimi ispiratori del socialismo e quindi parte da un'idea di eguaglianza da realizzare attraverso il merito, ottenuto solo lavorando per il progresso e il benessere della società.

anita cendron ha detto...

Partendo dal fatto che Saint-Simon ha una concezione organistica della società, basata sull'analogia con gli organismi viventi : la società non è un semplice aggregato di esseri viventi, che agiscono ognuno per proprio conto, ma una vera e propria macchina organizzata, le cui parti contribuiscono ciascuna a suo modo al funzionamento dell'insieme.
Inizialmente, Saint-Simon chiama industriali tutti i membri produttivi della società,tutti quelli che creano cose utili di qualsiasi tipo e mostra inoltre grande rispetto e considerazione verso le categorie più umili; dall’altra parte poi ci sono le categorie definite da lui improduttive che sono costituite dagli aristocratici,burocratici,militari,politici e governanti.
Di particolare importanza trovo sia il fatto che la supremazia della parte improduttiva è pericolosa ed espone quindi il paese a tutti i rischi possibili,sarebbe perciò necessario rovesciare la situazione : con la supremazia degli industriali infatti la società diventerebbe una società fondata sul lavoro e finirebbe così lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Saint-Simon parla poi nel manuale della cosiddetta “ideologia dello Stato senza Stato” per cui lo stato non è il potere di alcuni su altri ma uno strumento al servizio del sistema sociale : non ci sarebbe più bisogno di fare leggi e di assicurarsi che vengano rispettate.
Saint-Simon comunque non esclude che un minimo di coordinamento sia necessario e pur di eliminare i grandi ufficiali della corona, tutti i ministri di Stato, i consiglieri di Stato, tutti i dignitari, tutti i suoi marescialli, tutti i suoi cardinali, arcivescovi, vescovi, grandi vicari e canonici, tutti i prefetti, i sottoprefetti, gli impiegati nei ministeri, i giudici, e inoltre i diecimila più ricchi proprietari fra coloro che vivono come i nobili affiderebbe le richieste indispensabili al coordinamento alle persone più esperte e di cultura, a un consiglio di scienziati e ufficiali.
Succede molto spesso anche a me,rispecchiandomi cosi in parte a Saint-Simon, di pensare che molti uomini politici e ricchi possano essere “inutili” in quanto non vedo quasi nessuna azione fatta da loro per aiutare il popolo,anzi, troppo spesso sono purtroppo a fini personali! Penso però che sarebbe più problematico perdere la forza lavoro che i governanti.
Trovo quindi che il testo di Saint-Simon non sia molto attualizzabile, perché non prende in considerazione infine il problema della rappresentanza : effettivamente senza qualcuno che ci governa sarebbe complicato dato che Saint-Simon nel suo testo richiede una netta e decisiva eliminazione di qualsiasi organo governativo, e ciò lo trovo esagerato,perché nel chiedermi come potrebbe funzionare una società senza un potere centrale trovo molti ostacoli e la reputo una cosa alquanto improbabile.
Anche se lui ritiene che questi organi siano solo una forma di sfruttamento dei membri improduttivi nei confronti dei membri produttivi,non ci sarebbe più nessuno che conduce gli industriali creandosi così un possibile caos.

Martina Perin ha detto...

La proposta di Saint-Simon è molto attuale. Infatti notiamo che c’è una differenza sostanziale tra chi lavora per il bene della società e chi, invece, ha il potere politico e della Chiesa. Basta guardare la televisione: nella prima parte del telegiornale c’è un concentrato di politica, cioè di uomini ben vestiti e sorridenti che ti propongono di vivere meglio solo se voti per loro; ma, se uno scienziato scopre un nuovo farmaco o una nuova particella, il cronista lascia alla notizia il tempo che basta per dire nome, cognome e ciò che ha fatto, in un tempo inferiore ai tre minuti. Tutto questo non è equo. Ma si può pensare ad uno stato senza chi lo amministra? Certo che no: chi studia e lavora non può pensare di creare le leggi perché non ha scelto di studiare diritto e perché sicuramente non sarebbe all’altezza di dare allo Stato un ordine legislativo logico. Ovviamente chi amministra e governa non potrà mai sostituirsi ad un medico o ad un professore oppure ad un semplice artigiano. Nel nostro sistema l’importanza che assume chi lavora non è data da ciò che scopre o inventa, ma solo dal guadagno che ne ricava: ad esempio, i ricercatori sono stipendiati come un semplice operaio. Allora perché non vengono finanziati di più i laboratori per la ricerca e le scuole? Perché i politici non si pongono questi problemi dato che a loro i soldi non mancano e preferiscono investirli sui propri interessi e in quelli del partito. Secondo me l’unica soluzione sarebbe affiancare persone che lavorano a coloro che sono in politica così da gestire al meglio i soldi dello stato. Sicuramente tra chi lavora c’è della gente che, se avesse fatto un’altra scelta di studi, sarebbe potuta diventare una persona competente a governare, ma ora come ora, se venissero tolti dalla loro scelta sarebbero uomini infelici e quindi potrebbero diventare uomini politici incapaci di fare gli interessi dello Stato. Così come gli amministratori attuali non potrebbero mai sostituire chi ricerca e studia; infatti, ognuno di noi ha il proprio compito nella società.

Daniela Catterin ha detto...

Saint Simon nella citazione sopra riportata vuole farci notare che coloro che “comandano” sono persone improduttive, cioè che non forniscono nulla alla società, sono per lui persone inutili. Devo ammettere che all’inizio l’autore mi aveva quasi convinto della sua ragionevolezza, ma ripensandoci, successivamente, ho compreso che se non ci fossero i politici non ci sarebbe nessuno che ci rappresenta, che emana leggi da rispettare, forse non ci sarebbero servizi,infrastrutture probabilmente neanche un’ organizzazione.
La proposta di Saint Simon non è errata dal suo punto di vista ma difficilmente realizzabile.
Non si può negare che abbia ragione Claude Henri quando afferma che in un paese perdendo scienziati, imprenditori, coltivatori, fabbri e altre figure fondamentali si formerebbe un buco nella società difficilissimo da colmare. Non credo si possa affermare lo stesso se si perdessero politici o membri della Chiesa.
In conclusione sono d’accordo con Saint Simon quando afferma che le persone che producono sono più importanti, rispetto ad altre in una società. Ma non appoggio la sua proposta di porre al potere le persone che lavorano; è risaputo,infatti, che in ogni gruppo,aggregato,squadra, nonché società c’è sempre un leader o un’elite, che anche se non eletti esplicitamente verranno a formarsi.

letizia salvadori ha detto...

Leggendo il brano di Saint-Simon inizialmente ho creduto che la sua proposta sociale fosse giusta, sensata. Il problema è attuale, tutt'oggi vorremo che chi lavora e produce abbia più peso di chi è improduttivo ma in seguito ad una riflessione ho iniziato a trovare la sua teoria contraddicente e infattibile. Come può chi lavora avere le competenze adatte per amministrare uno stato? Riuscirebbe a svolgere entrambi i lavori? I politici che fine farebbero?
A queste domande sono susseguite una serie di risposte: di sicuro un operaio non avrebbe le conoscenze adeguate per amministrare un paese e si sentirebbe costretto ad abbandonare il lavoro precedente per fare del suo meglio. In questo modo tutto tornerebbe al punto di partenza se non peggio!
Questo è ciò che mi ha portato a pensare che la sua proposta sia infattibile.
Non tutto quello che ha detto, secondo il mio parere, si può considerare "sbagliato".
Anche io come lui ritengo che gli scienziati, chimici, fisici, che hanno studiato e stanno contribuendo alla formazione di un futuro migliore; i pittori, scultori, musicisti, che ci hanno e ci lasceranno un patrimonio artistico molto importante; i medici, chirurghi, farmacisti, che fanno in modo di salvaguardare la nostra salute, debbano avere un'importanza maggiore rispetto ai politici, che secondo il mio avviso parlano bene e razzolano male!

Chiara Graps ha detto...

Claudie-Henri de Saint Simon nel brano tratto da " L'Organisateur" prende una posizione ben precisa su come per lui funziona la società che definisce" una macchina organizzata" ; quest'ultima è portata avanti solo dai lavoratori quali operai, architetti, medici. I politici vengono considerati quasi degli incapaci, persone sostituibili secondo Saint Simon chiunque, se questi sparissero, potrebbe prendere il loro posto.
Ritengo che le osservazioni fatte dal sociologo siano estremamente attuali poichè molti uomini politici sono " seduti in alto" solo perchè sono benestanti e per personali interessi. Sono però parzialmente d'accordo sull'opinione dell'autore: è vero che la società senza la popolazione produttrice, che ora è praticamente insostituibile, non andrebbe avanti, cadrebbe, ma è anche vero che non è così facile fare a meno dell'apparato burocratico del paese, c'è bisogno di qualcuno (più o meno competente che sia) che ci amministri e ci aiuti a rispettare le regole di convivenza. Senza non potremmo definirci una società civilizzata. Penso quindi che queste due parti debbano cooperare per un corretto e migliore andamento della società.

SILVIA DALLA LIBERA ha detto...

Saint-Simon prende una posizione ben precisa in un’epoca in cui la parte politica, amministrativa, religiosa era decisamente malata; crede infatti che essa debba essere eliminata radicalmente, lasciando spazio alla parte produttiva della società.
Non sono pienamente d'accordo con l'autore: credo impossibile l'autogoverno; significherebbe perdere un punto di riferimento che bene o male coordina il popolo. Non è nemmeno costruttivo perdere tutta la cultura e la scienza perché vorrebbe dire appoggiare l'ignoranza e di conseguenza dare vita ad una decadenza della società. Sarebbe più corretto riflettere su una possibile uguaglianza; si dovrebbe infatti dare uguale importanza ad entrambe la parti, sia quella culturale,scientifica e produttiva che quella politica, amministrativa e religiosa. L'idea di fondo coincide con quella del socialismo nel quale si parla di uguaglianza economica e sociale. Questo nella teoria; nella pratica poi si è visto che la piena uguaglianza non è possibile poiché è sempre presente un gruppo di persone che sfrutta il potere concessogli o chi è sottomesso loro.
Inoltre un'altra domanda sorge spontanea: tutti gli impieghi hanno lo stesso peso e quindi devono essere retribuiti tutti allo stesso modo? La risposta è negativa, dipende da ciò che riteniamo più importante; se però ci schieriamo solo da una parte come ad esempio quella degli artigiani, compiamo sempre lo stesso errore: la restante parte verrà sottomessa da chi riteniamo debba stare all'apice della nostra società. E l'improduttivo? Viene escluso dalla società come i politici e gli amministratori?
Questi quesiti non giocano a favore della tesi dell'autore. Trovo giusto però che Saint-Simon accusi questi "potenti" per il modo in cui utilizzano la loro influenza o il potere che è stato conferito loro, sono contraria però alla radicalità con la quale avrebbe voluto risolvere il problema, perché ogni cosa non può essere solo bianca o nera, c'è anche il grigio.

Claudia Lucatello ha detto...

In alcune cose sono concorde con il testo di Saint-Simon, in altre no. Ha ragione nel fatto di dire che determinata gente ha troppi privilegi, all'epoca ad averne erano i nobili,i proprietari terrieri, i burocrati e il papato, oggi sono i calciatori, tutte le persone che lavorano nell'ambito televisivo e i politici, ed è vero che si valorizzano molto di più loro che chi fa ad esempio scoperte scientifiche,i medici che salvano la vita di una persona o operai che lavorano tutto il giorno senza sosta,comunque non dovrebbero esistere solo loro;nel testo critica in modo particolare i politici che dal suo punto di vista non dovrebbero esserci, ma ha torto direi, essi servono per mandare avanti uno stato, senza di essi non ci sarebbero leggi e vivremmo come un popolo selvaggio, quindi non potremmo "eliminarli", solo che ci dovrebbe essere più uguaglianza, si dovrebbero premiare tutti e farlo non in base al fatto che un lavoro venga in ritenuto più importante o no, ma in base al merito cioè quanto una persona lavora e si impegna per il proprio paese.

Alessia Crivellari ha detto...

COMMENTO AL BLOG DEL PROF. BELLAN, SOCIOLOGIA.
Sant-Simon è uno dei maggiori esponenti della sociologia della storia e sulle sue idee ha avuto nascita il socialismo. Egli è vissuto negli anni della Rivoluzione Industriale.
Con l'inizio dell'era industriale si sono venuti a creare nuovi ordini sociali: la diversificazione del lavoro e la creazione di nuove industrie hanno contribuito a formare una certa mobilità all'interno delle gerarchie statali, basate ancora sul vecchio stampo feudale. E' in questi anni che si fa largo tra i pensieri della gente una voglia di riscatto, motivata dall'ormai condivisa idea che alcuni personaggi, quali: politici; magistrati; esponenti del clero (in particolare le cariche più importanti); polizia ed esercito; siano improduttivi e anche dannosi per lo stato, perché si appropriano di soldi pubblici senza, o quasi, far nulla.
Nel caso specifico di Sant - Simon, egli propone l'"eliminazione" di tutti questi soggetti, ed esalta una società, basata sul merito personale, in cui non ci sia bisogno di leggi, in cui tutti i cittadini possano convivere in armonia, in poche parole andare "d'amore e d'accordo". Un'utopia, direi. L'uomo non è in grado di accontentarsi, vuole sempre essere di più: oggi, domani, tra cinquant'anni ci sarà già chi ha occupato il loro posto e sarà diventato, a sua volta, improduttivo. Questo sogno è diventato l'ideale di alcuni movimenti politici tutt'oggi esistenti. Oltre per il motivo già citato, ci sono svariate cause che rendono impossibile l'avvalorarsi di tale società: ogni paese ha bisogno di regolarsi tramite delle leggi e di aver qualcuno che le crei e le faccia rispettare, quali governo, magistrati e forze dell'ordine; come non sarebbe concepibile una famiglia senza dei genitori che fanno delle regole e le facciano rispettare, è inconcepibile uno stato senza guida politica e difesa militare; inoltre la religione ha giocato, e sta giocando, un ruolo molto importante nella società, ed è impensabile eliminare ciò che per alcuni è una "corda di sicurezza" o il fondamento stesso della vita.
Si capisce che il testo ha in sé una vena "scherzosa" e che sia stato scritto come spunto di riflessione per uomini di chiesa, politici ecc... questo vuol far capire, però, come sia stato ingiusto che delle persone, non avendo faticato nella loro vita, abbiano preso potere e siano diventate così ricche solo essendo "figli di... " o con azioni quantomeno riprovevoli, ad esempio omicidi, congiure, sabotaggi ecc.

Dalla Valle Elena ha detto...

penso che Claude Henry de Saint Simon dia un giudizio troppo estremista della società. Inoltre ritngo che la sua critica non sia attuabile ai nostri giorni poichè l'organizzazione della società non è più così netta come una volta, anzi, teoricamente dovremmo essere tutti uguali, con gli stessi diritti e doveri senza distinzioni di sesso, nazionalità, religione,...e tanto meno di professione. Egli ritiene che si vivrebbe meglio in una società composta dai soli lavoratori dato che i politici non servono a niente e che tutti sarebbero capaci di farlo. Io sono del parere che, nonostante i lavoratori siano essenziali per mandare avanti una società, abbiano comunque bisogno di qualcuno in grado di coordinare le loro attività attraverso delle leggi e capaci di governare il paese. Questo non è un compito così facile come sembra poichè un politico deve tener conto dei bisogni di tutta la nazione la quale comprende un numero molto elevato di persone che la pensano in modo diverso. Se non ci fossero questi "gestori della politica" la società si ritroverebbe nel caos più totale poichè ognuno seguirebbe le proprie idee, come è naturale che sia dato che non si sarebbe più obbligati a seguire nessuna norma; anche se non sempre i politici assolvono al loro dovere e spesso si aprofittano del potere a loro conferito per fare i loro interessi. Concludo quindi dicendo ch non concordo con il pensiero di Claude Henry, o almeno lo condivido solo in parte perchè secondo me la società è una macchina che ha bisogno di ogni singolo pezzo o ingranaggio per funzionare bene, grande o piccolo che sia.

Sara Bisca ha detto...

La proposta social edi Sant-Simon è totalmente attuale. Credo che in Italia, come nella maggior parte degli stati del mondo la società potrebbe fare a meno di moltissimi prefetti, principi, politici, magistrati, vescovi, cardinali, grandi vicari e così via. Ma fino ad un certo punto. Infatti si vivrebbe nell'anarchia senza una minima forma di governo. Sono d'accordo, certo, sul fatto che il grande gruppo dei lavoratori dovrebbe venire valorizzato maggiormente e non minimizzato, come spesso accade. Molte persone non si rendono conto che senza scienziati, ricercatori, universitari, laureati, operai, banchieri, impiegati, commessi e molti altri, ora come ora non vivremmo nel mondo di oggi. Sono i lavoratori stessi che ci hanno portato ad una forma di industrializzazione così elevata e non i duchi e le duchesse, o i cardinali e i vescovi. Rimango dell'idea che oggi, ma anche nel secolo scorso, non si potrebbe dare il controllo dello stato nelle mani dei lavoratori. Certo, sicuramente Sant-Simon aveva perfettamente ragione dicendo che uno stato anche se perde tutti i suoi politici, principi, conti (...) non ne risentirebbe così tanto come se perdesse le sue decine di migliaia di lavoratori.
Non si può negare che abbia ragione Claude Henri quando afferma che in un paese perdendo imprenditori, agricoltori, artigiani e commercianti e altre figure fondamentali si formerebbe un buco nella società difficilissimo da colmare. Non penso si possa dire lo stesso se si perdessero politici o membri del clero.
Credo quindi che questo sociologo abbia in parte ragione, ma continuo ad essere dell'idea che qualcuno debba governanre la nazione, in modo da garantire una forma di politica ben salda e efficente, valorizzando il mondo del lavoro, dove spesso niente è come vorremmo che fosse.
Infine credo che la società abbiamo bisogno di un correto funzionamento del sistema e che quindi sia il mondo dei lavoratori che quello dei politici, dei principi e della Chiesa debbano cooperare per un bene comune.

Bigolin Caterina ha detto...

Saint Simon ha una concezione della società e della sua organizzazione sociale di tipo “organicistico”. La considera un organismo vivente formato da organi e apparati la cui importanza ed utilità hanno pesi molto differenti.
La sua unità di misura consiste nella “capacità di produrre” intesa in senso lato, cioè la capacità del singolo individuo di dare utilità e contribuire quindi ad accrescere il benessere collettivo attraverso l' apporto che la singola eccellenza può dare nel suo campo.
Il suo punto di partenza non sono le tematiche di tipo economico che verranno sviluppate da altri pensatori, piuttosto si sofferma su analisi di natura morale e politica. Per lui esiste una categoria di uomini cosiddetti “produttori essenziali”, la cui presenza garantisce l' evoluzione della civiltà di un paese, mentre ritiene superflua se non addirittura nociva l' esistenza di individui “improduttivi”.
Secondo la mia opinione la proposta sociale di Saint Simon, preoccupato più dell' organicità della struttura sociale che della libertà dell'individuo, non è pienamente condivisibile. La suddivisione tra soggetti produttivi ed improduttivi, capaci ed incapaci, è riduttiva.
Secondo la sua concezione devono avere spazio ed essere valorizzate le eccellenze, deve essere applicato il principio meritocratico in base al quale se un soggetto possiede dei talenti, questi devono emergere a prescindere dal ceto sociale di appartenenza. In linea generale condivido questo principio, se però viene affiancato al concetto che comunque ogni individuo per la sua specificità, ha dei talenti innati che non necessariamente lo porteranno ad essere valorizzato nell'ambito sociale perchè non riguardano la sfera pubblica ma che comunque contribuiscono a migliorare la qualità della vita delle persone che vivono vicino a lui. Quello che una società deve garantire ai singoli soggetti è la libertà di espressione e di autodeterminazione, nel rispetto delle libertà e dei diritti altrui.
Secondo me l' organizzazione sociale “perfetta”, cioè che garantisce contemporaneamente l'efficienza del sistema ed il rispetto delle peculiarità dei singoli è un' utopia. Il rispetto dell'uomo verso l'uomo e la giustizia sociale non può essere garantita totalmente da un sistema di regole e leggi. Al centro di tutto c'è l'uomo, con la sua etica, e la sua capacità di riconoscere l'altro come un soggetto che ha diritti e doveri pari ai suoi. La furbizia, la capacità di manipolare sono caratteristiche tipiche delle persone che gestiscono il potere. Sembra quasi inevitabile che raggiunta una posizione sociale elevata, automaticamente si possa assumere un atteggiamento arrogante e di superiorità.
Secondo me il problema è di natura etica e culturale. La famiglia e la scuola in questo ambito hanno un ruolo fondamentale. Bisognerebbe investire maggiori energie e risorse economiche in questi settori per far si che le nuove generazioni possano costruire il proprio futuro basato su valori etici condivisi.

Burei Vanessa ha detto...

Il testo “L’organisateur” (= l’organizzatore) appartiene a Claude – Henri de Rouvroy, conte di Saint – Simon, precursore del positivismo del funzionalismo e del socialismo utopistico.
Questo manuale esprime la concezione organicistica dell’autore, ovvero egli pensa che la società sia composta da un insieme di persone che collaborano fra loro e non ognuno per suo conto: è richiesta, quindi, la partecipazione di ogni singolo individuo per il buon funzionamento della paese.
Saint – Simon infatti critica la società francese di quel tempo in quanto sostiene che il progresso sia garantito solo grazie al continuo lavoro e impegno di una parte del popolo, quello più attivo, chiamato dall’autore “utile”, ovvero fisici, scienziati, musicisti, letterati, medici, banchieri, negozianti, fabbricanti di cotone, porcellane, orafi, muratori, coltellinai e così via.
La seconda parte della popolazione, quella più prestigiosa che esercita il potere, quindi ufficiali alla corona, ministri e consiglieri di Stato, arcivescovi e vescovi, è considerata passiva, inutile; Saint – Simon li accusa di non partecipare affatto al progresso delle scienze e delle belle arti,ma di nuocere ad esso privando scienziati, artisti e artigiani della considerazione che spetta loro. Compiendo ciò non garantiscono la prosperità della Francia.
Per questi motivi sollecita il lettore a una riflessione sostenendo che non sarebbe grave la perdita dei signori al potere, dato il lavoro che compiono e il loro rimpiazzo sarebbe veloce in quanto molte persone possiedono i requisiti per occupare tali incarichi, mentre la scomparsa di scienziati, artisti, musicisti e ciabattini peserebbe molto di più al paese perché ciò porterebbe al blocco immediato del progresso.
Concordo con Saint – Simon nel pensare che le persone lavoratrici non vengano riconosciute abbastanza rispetto all’importanza che ricoprono all’interno della società a differenza degli uomini di potere.
Nonostante ciò si ha bisogno di tutti, lavoratori che producano e politici che dirigano.
Ed è proprio questa la questione: i politici non governano, o per lo meno non compiono il loro dovere nel modo dovuto. Il problema non è: “i politici sono importanti”, “non sono importanti” ma: “i politici devono essere in grado di governare, dirigere e farlo nel modo migliore possibile” e ciò anche al giorno d’oggi non si verifica.
Esistono in mezzo a noi molte persone con le capacità di svolgere un compito simile perché hanno studiato una vita per farlo oppure ne possiedono semplicemente le caratteristiche e sarebbero adatti ad occupare un posto così importante nella società, il problema è che fin dai tempi antichi si tratta tutto di ereditarietà, si tramanda tutto di famiglia in famiglia e di generazione in generazione sebbene gli eredi non siano in grado di svolgere quel determinato lavoro.
Per esempio la persona che riesce ad entrare nel mondo dello spettacolo per merito esclusivamente suo rappresenta solo una piccola percentuale, tutti gli altri hanno successo per vie traverse, parenti, amici di parenti, amici di amici e così via.
Ciò succede anche in politica e soprattutto non solo in quei tempi e in Francia ma anche oggi nel nostro paese.
In conclusione appoggio la concezione organicistica espressa da Saint – Simon, il progresso del nostro paese ha bisogno di tutti, dal calzolaio al Presidente della Repubblica, purché ogni compito sia svolto al meglio cercando di raggiungere il risultato migliore per garantire il miglioramento della società in cui viviamo.