08 febbraio 2012

Scienza, quindi democrazia

Secondo Gilberto Corbellini, professore ordinario di Storia della medicina alla Università Sapienza di Roma e studioso di storia, filosofia e politica delle scienze biomediche, nel suo ultimo libro Scienza, quindi democrazia, la scienza moderna ha fornito gli strumenti per far funzionare l’economia di mercato e consentire la nascita della democrazia. Essa consente di prendere decisioni politiche, morali ed economiche che non sono “naturali” ma che, tuttavia, migliorano la società.
Per meglio capire l'argomento è interessante anche prendere in considerazione parte dell'articolo scritto da Edoardo Boncinelli per il Corriere della Sera del 3 gennaio 2012:

"Che cos'è la scienza di oggi, piuttosto che quella di ieri o dell'altro ieri? È sostanzialmente un'impresa collettiva e progressiva, finalizzata a comprendere gli aspetti riproducibili del maggior numero possibile di fenomeni naturali e a comunicare a tutti il risultato in maniera riassuntiva e non contraddittoria, in modo di mettere in linea di principio chiunque in condizione di fare predizioni ed eventualmente costruire «macchine», materiali o mentali. È una definizione un po' lunga e articolata, ma non può essere diversamente, se non si vuole perdere l'essenza del fenomeno, complessa e articolata al giorno d'oggi come non mai e in continua evoluzione.
(...) Cos'è che fa concretamente la scienza? Produce conoscenza, conduce ad applicazioni pratiche e dà un contributo significativo alla cultura. Vediamo uno per uno i tre punti. In primo luogo è lì per produrre e accumulare conoscenze certe e affidabili, anche se non ci potrà mai offrire quella Verità assoluta di cui tutti parlano ma che non è certo di questo mondo. Si dice spesso che le verità della scienza sono settoriali e temporanee. Benissimo, ma qualcuno mi sa indicare quale attività umana è in grado di offrire di più? "

La scienza dunque contribuisce in modo sempre più significativo alla cultura e sono da considerare soprattutto i suoi capisaldi come la razionalità, il senso critico e la capacità di mettersi in discussione, elementi chiave di una disciplina che, nata con Galileo Galilei nel Seicento, è oggi punto di riferimento per tutte le persone. Senza di essa non si potrebbe vivere poiché è solo grazie al progresso che l'uomo è arrivato a quello che è oggi; la scienza poi porta in sé tutte quelle caratteristiche proprie di uno spirito democratico. La democrazia richiede, infatti, cittadini “illuminati” e dunque l’istruzione e la promozione della scienza sono assolute priorità. Con Platone prende piede l'idea che la democrazia è un sistema di governo impraticabile perché quelli che conoscono le decisioni da prendere sono un'esigua minoranza. Questa idea nacque per la convinzione che esistesse il modo di governare perfetto. Corbellini scrive anche che alcuni padri del pensiero liberale di stampo anglosassone (J. Madison, J.S. Mill) temevano le possibili conseguenze del suffragio universale, in quanto ritenevano che una minima parte di cittadini potesse capire le dinamiche democratiche, e riuscisse a evitare di cadere nelle derive faziose o nella tentazione di limitare i diritti delle minoranze. La tesi di Corbellini dunque è: La scienza contribuisce alla creazione e al mantenimento della democrazia. Viene quindi da chiedersi il perché e quale sia il nesso tra le due: L'assenza di una visione scientifica fa prevalere "un indottrinamento ispirato da un'etica dei principi assoluti per cui le convinzioni e le intenzioni contano più delle conseguenze nel dar conto di una scelta o di un'azione"
E' quindi grazie alla scienza che l'uomo riesce a vivere nello Stato e a sottostare alle leggi che in esso sono emanate. Essa salvaguarderebbe quindi l'uomo dall' hobbesiano "Stato di natura" per farlo vivere in una democrazia, la forma di stato che nella sua moderna accezione si è affermata in modo particolarmente significativo nella storia contemporanea. Trovo molto interessante il nesso scienza-democrazia poiché spesso quando si sente parlare di scienza si fa riferimento al contrasto che essa ha con la religione ed in particolare per la bioetica. Infatti "A partire dagli anni novanta – scrive Corbellini – in Italia non poche leggi sono state emanate sulla base di falsificazione di dati scientifici o della censura di dati disponibili alla ricerca. Inoltre, un clima di dannoso proibizionismo, in diversi ambiti della salute pubblica è stato motivato invocando insussistenti ragioni scientifiche " (come i divieti di ricerca sulle cellule embrionali, la legge sul “testamento biologico”, la resistenza all’uso delle piante migliorate con l’ingegneria genetica o della cannabis terapeutica...).
In ultima analisi, nell'articolo del 16 dicembre 2011 de Il Venerdì di Repubblica si cita un'altro passo del libro di Corbellini in cui lo storico parla dell'effetto FLYNN ovvero la ricerca sviluppata in Nuova Zelanda negli anni ’80 da James Flynn. Tale effetto consiste nell'aumento nel corso degli anni del valore del quoziente intellettivo trovato in svariati paesi e quindi indipendente dalla cultura di appartenenza. Flynn scoprì che nel corso degli anni, nei paesi in cui si avevano dei dati affidabili il valore del quoziente intellettivo aumentava ad un media di circa 3 punti ogni decennio. Secondo le ipotesi sulle cause del fenomeno questo era dovuto alla migliore alimentazione, all'aumento degli anni di scolarizzazione e dunque alla sempre maggior capacità di risolvere problemi logici ed astratti. In poche parole la scienza ha migliorato e continua a migliorare la vita dell'uomo. Spesso bisognerebbe dare molto più sostegno alla ricerca ed evitare che scienziati e studiosi vadano a lavorare in altri paesi. Dovremmo capire l'importanza che il metodo scientifico ha in ogni campo della nostra vita è darvi maggiore potere. Perché, come scrisse Edoardo Boncinelli per il Corriere della Sera del 16 marzo 2009:

"(...) Si dice che la scienza abbandonata a se stessa potrebbe portare guasti infiniti e addirittura autodistruggersi. Innanzitutto, questo è vero per qualsiasi cosa: niente è bene se abbandonato a se stesso. Ma non sarà certo la scienza quella che correrebbe più velocemente verso il disastro una volta abbandonata a se stessa, essendo opera di pochissimi individui, che sono per giunta scontrosi e individualisti per natura. In secondo luogo, se davvero si ravvisa questo pericolo, non lasciamola sola: studiamola, frequentiamola, esploriamola, tentiamola. E magari facciamola."

Marina Busiello, 4Ap Duca degli Abruzzi di Treviso

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