15 gennaio 2013

Il dibattito sulle famiglie omosessuali: un punto di vista filosofico

La decisione della Corte di Cassazione sull'affidamento del figlio alla madre che convive con un'altra donna (perché negare che un bambino possa essere cresciuto da una coppia gay è "pregiudizio indimostrato"), ha riaperto la delicata questione delle famiglie omosessuali e del "diritto" di queste di avere figli. Sul tema sono intervenuti giuristi (Carlo Cardia), politologi (Ernesto Galli della Loggia), psicologi (Silvia Vegetti Finzi, Maria Rita Parsi), filosofi (Bernard-Henry-Lévy e Francesca Rigotti), pedagogisti (Domenico Simeone) e molti altri ancora (vedi rassegna stampa in calce all'articolo).
 
Di seguito un punto di vista filosofico sulla questione, espresso dal filosofo morale Adriano Pessina, docente di Bioetica all'Università Cattolica di Milano. Il dibattito è aperto.
 
Articolo di Daniela Monti, dal Corriere della Sera del 4 Gennaio 2013, p. 20

Differenze da tutelare. Differenze «niente affatto indifferenti». Quante volte Adriano Pessina, cattedra di Bioetica alla Cattolica di Milano, nomina la parola differenze? Tante. E il termine chiave, spiega, nell'affrontare un tema caldo, che fa accapigliare, come è quello delle famiglie gay e del loro desiderio, che chiede spazio, di avere una famiglia. L'intervento di Ernesto Galli della Loggia, sul Corriere, ha riaperto il dibattito: giusto che gli omosessuali abbiano figli? Sì, ha risposto un papà gay, chiedendo per sua figlia gli stessi diritti riconosciuti agli altri bambini. No, ha risposto la psicanalista Silvia Vegetti Finzi, spiegando l'importanza di crescere «con entrambe le figure genitoriali».
«Ma oggi l'identità si costruisce su una rete di persone, che diventano affettuosi riferimenti al di là del grado di parentela», ha sostenuto lo psicoterapeuta e neuropsichiatra Fulvio Scaparro, aggiungendo la propria voce. Ora il filosofo Pessina, cattolico, che ritiene l'omosessualità «una scelta libera, un certo modo di essere e di esistere che va rispettato» lasciando però aperta la questione, «che vale per qualsiasi altra scelta di vita», di come debba essere valutata e di come, e se, debba essere socialmente e giuridicamente tutelata.
«Nel dibattito sull'omosessualità si tende a negare che esista una differenza fra maschile e femminile, sostenendo che sia indifferente essere maschio o femmina e che sia dunque indifferente che una coppia sia formata da un uomo e una donna oppure da due donne o da due uomini premette. Tanto l'importante sarebbe amarsi...». Ma il maschile e il femminile, continua, sono necessari per la definizione stessa della condizione umana, «e non si può certo sostenere che la differenza fra uomo e donna sia una teoria cattolica: è invece fondamentale persino per l'evoluzionismo».
Dove ci porta tutto questo? «All'idea che la complementarietà fra i due sessi è decisiva per tutti: una società matura deve valorizzare la differenza, non mortificarla. Gli omosessuali negano l'importanza di una relazione con un partner di sesso differente. Scelta libera, che va accettata. Dobbiamo però convenire che, come qualsiasi altra scelta, l`omosessualità deve poter essere valutata e giudicata». E la valutazione che Pessina ne dà è in chiaro scuro. «Ogni libera scelta comporta delle conseguenze. I figli nascono da relazioni eterosessuali, non omosessuali. Quando si sceglie il proprio comportamento sessuale bisogna tenerne conto e assumerne le conseguenze con serena responsabilita. E forse una banalità, ma va detta».
La scienza ci consente di raggiungere risultati un volta difficili da immaginare: questo ha cambiato notevolmente le cose. «La scienza e la tecnologia hanno trasformato in modo profondo la nostra esperienza - concorda Pessina -. Ma dobbiamo essere noi a gestire la tecnica, non il contrario». Le tecniche di procreazione assistita, per esempio: erano nate all'interno di un disegno che voleva agevolare la relazione di coppia, continua il bioeticista, «ora però siamo passati da un`idea di aiuto a quella di un indiscriminato diritto ad avere figli».
Se sono omosessuale devo dunque rassegnarmi a non avere figli: è così? Quali scelte una società deve tutelare e quali lasciare aperte alla discussione? «È giusto che lo Stato tuteli con maggior vigore la famiglia eterosessuale come luogo della nascita. Un conto è parlare del riconoscimento di alcuni diritti giuridici degli omosessuali (che ritengo giusti), un conto è sostenere il diritto ad avere figli (come se esistesse, poi, questo diritto: nessuno ha diritto a un figlio, perché i diritti si hanno sulle cose, non sulle persone)».
Il rischio e che si dica che una cosa «è buona solo perché è frutto di una libera scelta. Ma la vera domanda è: qual è il "valore aggiunto" proprio dell`omosessualità che lo Stato può tutelare?». Lei come risponde? «Non credo che nell`omosessualità ci sia un "di più", ma sono disposto ad ascoltare dialogare. Vedo però qual è il "di più" dato dall`eterosessualità: il difficile equilibrio di una relazione che comprende le differenze fra maschile e femminile, che va anche al di là della questione dell`avere figli». 
Il primo studio sui figli di genitori omosessuali risale al 1972: quarant'anni di lavori scientifici, in larghissima parte favorevoli a queste coppie e alle famiglie che hanno creato, vorranno dire qualcosa. «Come tutti i dati della scienza vanno verificati, ma il problema va posto all'origine e non guardando i risultati. Di fatto ci sono bambini equilibrati che sono stati allevati da famiglie poligamiche, o che sono cresciuti in orfanatrofio. Il problema resta un altro: qual è il contesto ideale nel quale pensare lo sviluppo della persona? Le differenze fra maschile e femminile sono un aspetto decisivo dell'umano. Che non può essere negato». 
In Europa molti Paesi sono più avanti di noi in materia di diritti, per tutti. «Questa è una valutazione di cui discutere. Le differenze non possono essere viste sempre e solo come un problema, ma anche come una possibilità. Perché invece di copiare dagli altri paesi non maturiamo insieme una scelta argomentata, non ideologica, in cui contino i valori umani e non solo la lotta per difendere i propri interessi più ancora dei diritti condivisi?». 
Il punto d`arrivo del discorso dí Pessina è questo: discutiamone, impariamo dagli errori che sono stati fatti, «apriamo un tavolo, senza ideologia». Un tavolo dove? «Il luogo più adatto è quello della cultura alta: l'università, dove però oggi si rivendicano diritti più che affrontare, in modo serio, le discussioni (ma noi siamo il paese delle emergenze, le discussioni su gay e figli diventeranno materia da campagna elettorale, dunque sono già bruciate. E intanto non ci rendiamo conto che, in questo genere di cose, o vinciamo tutti o perdiamo tutti)».

Rassegna stampa sulle reazioni alla sentenza dell Corte di Cassazione:


7 commenti:

Anita Cendron 5BP ha detto...

Parto precisamente da una frase ripresa dall’articolo di Daniela Monti, dal Corriere della Sera del 4 Gennaio 2013, p. 20: “Se sono omosessuale devo dunque rassegnarmi a non avere figli: è così?”. Se mi venisse posto un interrogativo simile, magari anche per un semplice sondaggio, personalmente la mia risposta sarebbe un no. Altre però sembrano essere le opinioni prevalenti a riguardo come, ad esempio, quella di Silvia Vegetti Finzi che nega la possibilità a coppie gay di avere figli perché ritiene indispensabile la figura di entrambi i genitori, ma basta anche solo limitarsi a guardare le reazioni che ha avuto la Chiesa, che afferma “i bambini non sono merce”, e le polemiche che essa ha scatenato in questi giorni contro le sentenze della Corte di Cassazione che ha detto sì all’adozione da parte delle coppie gay. Ci tengo a precisare anche che tutto quello che emerge dai vari dibattiti che vengono fatti non deve togliere l’attenzione di nessuno di noi sul fatto che ancora oggi in Italia le coppie gay non hanno nessun diritto, al contrario di quanto accade invece in molti altri Paesi europei. Io comunque non nego che la figura di una mamma e di un papà siano importanti per un bambino e per la sua normale crescita ma non credo che questo sia altrettanto indispensabile e obbligatorio, soprattutto in alcuni casi. Sono dell’opinione che per un figlio sia meglio avere al suo fianco due papà o due mamme che si rispettano e si vogliono bene piuttosto di un papà e una mamma che stanno assieme per sacrificio o per fare un favore al bambino che necessita la presenza di due figure adulte. Ritengo quindi che, così come una coppia eterosessuale ha la possibilità di adottare un bambino anche una coppia gay deve avere lo stesso diritto in quanto essi non sono dei malati o dei complessati ma sono solamente persone normali che hanno fatto una scelta di vita diversa per una serie di circostanze personali. Lo stesso problema poi potrebbe anche valere, come è già successo, per una coppia di persone non italiane che sceglie di adottare un bambino, in Italia, ma che questa loro richiesta viene rifiutata perché sono due persone extracomunitarie e non possiedono quindi tutti i “requisiti” adeguati per una giusta adozione. Concludo citando una frase di Obama presente nella risposta alla lettera ricevuta da una bambina, figlia di una coppia gay, che lo ringrazia per “essere d’accordo che due uomini possono amarsi” : “In America non ci sono due famiglie che siano uguali. Noi celebriamo questa diversità. E riconosciamo che a prescindere che si abbiano due papà o una mamma quello che conta più di tutto è l’amore che mostriamo l’un l’altro. Tu sei molto fortunata ad avere due genitori che si prendono cura di te.”

Giulia Zuccato 5^AP ha detto...

Grande polemica ha portato la decisione della Corte di Cassazione sull'affidamento del figlio alla madre che convive con un'altra donna. Secondo me, la Corte di Cassazione ha fatto una scelta giusta e coerente con la società in cui viviamo che deve aprirsi sempre più a nuovi valori e scelte eduative. Siamo sempre stati abituati a vivere in una società in cui ogni individuo aveva una mamma e un papà; ma perchè non avere anche due papà o due mamme? Sicuramente credo che anche genitori dello stesso sesso possano dare affetto, protezione e sicurezza ai propri figli anche maggiore di due genitori eterosessuali che maltrattano i figli, non danno loro affetto, soddisfazioni, aiuto,...Non può essere questo un nuovo tipo di famiglia che permetta di diminuire il tasso di bambini orfani e poveri presenti nei paesi in via di sviluppo dando loro amore, possibilità di istruirsi, insomma, di vivere una vita "normale" come ogni altro bambino del mondo? Questo, ovviamente, porterà diversi rischi. Sicuramente rappresenterà uno svantaggio per un individuo figlio di una coppia gay poichè potrà essere discriminato, escluso, avere meno possibilità di accedere a livelli alti di istruzione perchè, ad esempio, potrebbe incontrare nel suo percorso scolastico insegnanti contrari alle famiglie gay che mostrano il loro dissenso ostacolando la sua vita scolastica. Ritengo che, piano piano, la nostra società accetterà sempre più i matrimoni gay e la loro volontà di avere figli. Nell' età Vittoriana, ad esempio, non si accettava la nascita di figli al di fuori del matrimonio, tanto che questi venivano uccisi appena nati o venivano portati nei monasteri o nelle chiese; nell'età contemporanea, invece, questo fenomeno è largamente diffuso talmente tanto che il numero di coppie che convivono e hanno figli è maggiore di quelle che si sposano. La stessa situazione, secondo me, accadrà per questo fenomeno. La nostra società dal non approvare i matrimoni e le adozioni da parte di gay, diventerà sempre più tollerante facendo anche delle leggi per tutelarli e aiutare i loro figli. Nell' articolo di Daniela Monti presente nel Corriere della Sera del 4 Gennaio 2013, p. 20, alla domanda posta alla psicanalista Silvia Vegetti Finzi sul Corriere della sera "E' giusto che gli omosessuali abbiano figli?" lei ha risposto no spiegando l'importanza di crescere «con entrambe le figure genitoriali». Sono d'accordo con Finzi per il fatto che i bambini hanno bisogno di una figura paterna e materna, come sotiene la chiesa, ma sono veramente capaci di garantire loro tutto ciò di cui hanno bisogno? Certamente, viste tutte le separazioni e le conseguenze psicologiche causate da queste ai figli di genitori divorziati, non si può affermare che i figli crescono in un ambito familiare felice e stimolante dal punto di vista intellettuale. Per il presidente del Pontificio consiglio della famiglia, Vincenzo Paglia, «l'adozione dei bambini da parte degli omosessuali, porta il bambino a essere una sorta di merce, cioè: come ho diritto a questo, ho diritto anche a quell'altro». Proprio perchè il bambino non è una merce esso ha il diritto di vivere in una famiglia che lo ama e lo protegge e non con una in cui non è felice o in cui il padre o la madre lo maltrattano. Per questi motivi concordo con la deputata del Pd Paola Concia, intervistata da Messaggero e Sole 24 Ore che esprime il suo punto di vista riguardo la decisione della Corte di Cassazione con queste parole: «La sentenza, all'avanguardia, lucida e di buon senso, può rappresentare finalmente la spinta necessaria alla politica per legiferare su questi temi».

Carla Ceccato 5AP ha detto...

Circa questo argomento ritengo prematuro schierarmi nettamente perché, prima voglio documentarmi presso altre e diverse fonti per sanare alcuni chiarimenti.
Tuttavia, da una parte sono favorevole all'adozione di figli da parte di coppie omosessuali perché ritengo che lo scopo del gesto dell'adozione, in se, sia favorire il bene del bambino dandogli affetto.
Circa la questione dello squilibrio psicologico del bambino provocato dall’aver genitori dello stesso sesso, ritengo che, sempre mettendo in primo piano il bambino, questi non viva angosciato ma viva bene avendo affetto. Esistono casi in cui un bambino vive con una sorella e una zia, oppure con un cugino e un fratello; i bambini ricevono affetto da essi, pur non trattandosi di genitori.
E’ normale che il bambino conservi un senso di una carenza dovuto all’assenza di una figura genitoriale. A dimostrazione di ciò basta pensare agli sfortunati casi di un figlio a cui è venuta a mancare una figura genitoriale durante il periodo della prima infanzia: questo tenderà a manifestare insicurezze, richiesta di maggiore affetto o riconoscenza o supporto. Ma è un fenomeno normale.
E’, poi, possibile aiutare il bambino che non ha entrambe i genitori facendo ricorso ad altri legami sociali: la coppia, sia essa eterosessuale o omosessuale non vive isolata, ma ha legami con altre persone che possono stare vicino al figlio.
D’altra parte, ciò che mi impedisce di dare la mia posizione pienamente favorevole a questa questione è il seguente fatto: il voler ottenere come diritto il fatto di avere un figlio adottato sembra non un gesto di affetto verso questo ma piuttosto un atto egoistico dei “genitori” o un soddisfacimento di un piacere.
Concludo il mio commento citando la frase del filosofo Pessina “discutiamone, impariamo dagli errori che sono stati fatti, «apriamo un tavolo, senza ideologia».

Marina Busiello 5^Ap ha detto...

Viviamo nel XXI secolo, la famiglia sta cambiando, essa è in continua evoluzione, è un’ entità in fieri. Proprio perché sta subendo delle modificazioni è impensabile credere che si possa rimanere ancorati a concezioni, valori e tradizioni antiche. A mio parere nella polemica sulla questione dell’affidamento di bambini a coppie omosessuali si perde, spesso, il vero focus della questione; si cade troppe volte in stereotipi, luoghi comuni,presunte verità che non fanno il bene del bambino. Cosa si intende per coppia? Tale termine viene oggi usato per indicare due persone (senza distinzioni di sesso,etnia ecc..) che, motivate da un legame, decidono di stare assieme. Quel’è il problema se vogliono dare parte di quell’affetto ad un figlio? L’importante è che si agisca sempre in vista del suo bene, perché, questo è l’importante: il bene del bambino.
Forse dietro alla frase che comunemente si sente “c’è bisogno di un padre e di una madre” si vuol dire che è meglio per i bambini crescere in una famiglia conforme alla norma, altrimenti la diversità li renderà infelici; il bisogno del padre e della madre è il bisogno di essere uguali agli altri. Ma quale diversità? E’ ancora valida l’accezione che diamo a questo termine? Forse no. La diversità non è uno svantaggio, ma è una peculiarità, una cifra caratterizzante che non deve essere vista come un fattore limitante la propria libertà e la propria possibilità di vivere serenamente nella società.

Elena Giacomin 5AP ha detto...

Sembra quasi che questo caso sia stato un pretesto per portare alla luce una questione ormai consolidata da tempo: l’ omosessualità. Ci definiamo una società democratica eppure leggendo questa parola molti si trovano ancora spiazzati, non ne comprendono ancora il senso, e si rifiutano di accettarla. La natura di un qualsiasi essere vivente infatti ci suggerisce che l’ uomo e la donna sono destinati alla procreazione. L’ omosessualità a livello biologico non può dare origine a una prole. Eppure questa c’ è sempre stata e la sentenza della Corte di Cassazione ha fatto esplodere nuovamente la Chiesa, già da tempo schieratasi contro anche l’ aborto e l’ eutanasia. Il problema è che in questo caso la Corte di Cassazione ha fatto il bene del bambino, riconoscendo nella denuncia del padre una questione di pregiudizio e di valore etico e religioso, dato il fatto che egli stesso lasciò il bambino alla madre quando aveva solo 10 mesi. La questione sollevata è che però il bambino crescerà in una famiglia omosessuale, senza perciò avere la figura paterna. C’ è da chiedersi quindi quali siano i riscontri a livello educativo. A tal proposito il filosofo morale Adriano Pessina, docente di Bioetica all'Università Cattolica di Milano, sostiene: «Come tutti i dati della scienza vanno verificati, ma il problema va posto all'origine e non guardando i risultati. Di fatto ci sono bambini equilibrati che sono stati allevati da famiglie poligamiche, o che sono cresciuti in orfanatrofio. Il problema resta un altro: qual è il contesto ideale nel quale pensare lo sviluppo della persona? Le differenze fra maschile e femminile sono un aspetto decisivo dell'umano. Che non può essere negato». Giustamente è corretto affermare che a livello educativo il bambino debba crescere in una famiglia composta da un padre e da una madre, però molto spesso accade che anche in una famiglia in cui il padre e la madre sono presenti, nella realtà la figura di uno di loro manca, o perché separati o per mancanza di responsabilità. L’ unico che alla fine ne risente è proprio il bambino, che magari, perché no, in una famiglia con due ‘madri’ o due ‘padri’ sarebbe cresciuto con più armonia. Forse quindi è importante guardare caso per caso come è avvenuto per la sentenza della Cassazione che ha guardato al bene della persona a prescindere se la madre fosse etero o no.

Elena Mula 5 AP ha detto...

La sentenza della Cassazione sulla possibilità da parte di una coppia omosessuale di avere a carico un figlio e quindi occuparsi della sua educazione, ha riportato alla luce un tema molto dibattuto e ha segnato una svolta importante rispetto a questo argomento.
Io personalmente sono a favore dell’uguaglianza dei cittadini, soprattutto quando si tratta di diritti umani. Le persone omosessuali non sono un’eccezione, esprimono una specifica sessualità, che esiste da sempre anche in natura. Per questo considero assolutamente abominevoli gli atti di discriminazione o violenza nei loro confronti.
In merito al matrimonio o alla possibilità di avere figli, la questione è però più delicata; parlandone anche con il professore di religione, che ci ha fatto ragionare, ho potuto ampliare maggiormente la mia prospettiva. Bisogna innanzitutto chiedersi se sposarsi e avere dei figli si possono considerare diritti, o sono solamente delle scelte di vita.
Penso dunque sia giusto, in relazione al matrimonio, trovare delle soluzioni istituzionali alternative all'unione matrimoniale. In questo modo le coppie gay che si amano potrebbero legalizzare la loro unione, e il matrimonio nel suo valore tradizionale non perderebbe di senso. E’ ancora una volta la politica che, prima di chiunque altro, deve rinnovarsi, svecchiarsi, comprendere e risolvere i problemi della gente, smettendola di garantire i privilegi di pochi.
Rispetto alla questione educativa, sono d’accordo con gli psicologi che ritengono indispensabile per la crescita del bambino la presenza di un padre e di una madre: questo significa maturare la consapevolezza di sé, capire la differenza con l’altro sesso imparando ad amare le differenze di genere, significa anche in una vita futura rapportarsi meglio con l’altro sesso, avendo la possibilità di scegliere poi liberamente il proprio orientamento sessuale. Soprattutto il rapporto con la madre è fondamentale, fin dai primi giorni di vita.
Certo è che la cosa migliore che una famiglia può creare è l’amore, l’affetto, il sostegno sempre e comunque. Per questo la sentenza della Cassazione è positiva, perché ha saputo prendere la decisione giusta per il bene del figlio.
In conclusione, non essendoci ancora una legislazione a questo proposito, per il momento ritengo che sia necessario valutare pro e contro di ogni singolo caso, con il chiaro obiettivo di tutelare soprattutto i diritti dei bambini.

Antonio Torresan ha detto...

Un argomento che da un pò di tempo a questa parte sta balzando ai nostri occhi, anche se non lo vogliamo, è l'omosessualità. Politici, pedagogisti, giornalisti, sociologi e la Chiesa, tutti ne parlano cercando di studiare il problema secondo le proprie idee e convinzioni. Ma qual'è la questione per la quale molte persone si sono mosse e si stanno dando da fare, in modo tale da sottolineare la parità di diritti? Il problema l'avevano scritto nel proprio corpo quelle donne che sono state arrestata in piazza San Pietro, a Roma, le quali si facevano portatrici della possiblità da parte delle coppie omosessuali di adottare bambini.Molti, sentendo questo, darebbero sicuramente ragione alle forze dell'ordine che hanno solamente compiuto il proprio dovere. A mio parere bisogna soffermarsi un attimo su tale argomento e riflettere sul perchè accade tutto ciò. Secondo la tradizione cristiana, ma anche secondo la scienza, vi sono due figure genitoriali: il padre e la madre, no due padri, no due madri. Alla base di questo sta quindi il fatto che un bambino non potrebbe crescere in armonia, poichè si sentirebbe disorientato e non riuscirebbe a distinguere le due figure. Le conseguenze di questo disorientamento potrebbero essere comportamenti aggressivi o atti violenti sugli altri e su se stesso. Bisogna però guardare anche l'altra faccia della medaglia. Un bambino che viene adottato da una coppia gay, certamente non crescerà per forza come gli altri, ma ciò non toglie il fatto che questa coppia possa dare lo stesso affetto o adirittura il doppio. Penso quindi che il problema non sia tanto il fatto dell'adozione da parte di queste persone che la società etichetta come "diverse", ma piuttosto il problema di educare la società ad uscire dagli scchemi ricorrenti e cercando di dar vita ad un proprio pensiero, studiando i pro e i contro delli situazioni. Siamo tutti capaci a dare un giudizio non essendo cinvolti, ma nel momento in cui lo sei le cose cambiano e anche tu vuoi lottare perchè ti venga riconosiuto lo tesso diritto che per gli altri è una cosa naturale, ma che ti cambia enormemente la vita.